«Ricordo di aver letto senza fastidio due racconti fantastici» rispose. «I viaggi di Gulliver, che molti considerano veridici, e la Summa Theologica. Ma non parliamo di fatti. Ormai non interessano più a nessuno. Sono semplici punti di partenza per l’invenzione e il ragionamento. Nelle scuole ci insegnano il dubbio e l’arte di dimenticare. Dimenticare soprattutto quel che è personale e locale. Viviamo nel tempo, che è successione, ma cerchiamo di vivere sub specie æternis. Del passato ci restano alcuni nomi, che il linguaggio tende a perdere. Evitiamo inutili precisioni. Non c’è cronologia né storia. E neppure statistiche. Mi hai detto che ti chiami Eudoro; io non posso dirti il mio nome, perché mi chiamano “uno”».
«E come si chiamava tuo padre?».
«Non si chiamava».
[Jorge Luis Borges, Utopia di un uomo che è stanco da Il libro di sabbia (El libro de arena), 1975,
trad. Ilide Carmignani, Adelphi edizioni 2004, p.76]
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