“Tu e Charles vi siete inventati la farsa del pakistano per divertirvi durante i cocktail mondani dove non siete che i poveri lacchè degli snob. Il piacere della mistificazione doveva proteggervi. E’ stata del resto la strategia di tutti noi. Da tempo abbiamo capito che non era più possibile rivoluzionare questo mondo, né riorganizzarlo, né fermare la sua sciagurata corsa in avanti. Non c’era che un solo modo possibile per resistere: non prenderlo sul serio. Ma mi rendo conto che le nostre beffe hanno perso ogni potere.”
[…]
E Ramon proseguì: “Ah, il buonumore! Tu non hai mai letto Hegel. Ovvio. Nemmeno sai chi è. Ma il nostro maestro che ci ha inventati un tempo mi ha costretto a studiarlo. Nella sua riflessione sul comico, Hegel dice che il vero umorismo è impensabile senza l’infinito buonumore, ascolta bene, lo dice a chiare lettere: “infinito buonumore”; “unendliche Wohlgemutheit”. Non lo scherno, non la satira, non il sarcasmo. Solo dall’alto dell’infinito buonumore puoi osservare sotto di te l’eterna stupidità degli uomii e riderne”.
Quindi, dopo una pausa, il bicchiere in mano, disse lentamente: “Ma come trovarlo, il buonumore?”.
[Milan Kundera, La festa dell’insignificanza (La Fête de l’insignifiance), 2013, trad. Massimo Rizzante, Adelphi 2013, pp.87,90]
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