Gli uomini prendono tutta questa commedia per qualcosa di serio, nonostante la loro indiscutibile intelligenza. Proprio in questo sta la loro tragedia. E soffrono, naturalmente, ma… pur tuttavia vivono, vivono realmente, non in modo fantastico; poiché anche la sofferenza è pur sempre vita. Senza la sofferenza quale sarebbe mai il piacerer in essa, tutto si trasformerebbe in un unico moleben senza fine: e santo, e noiosetto. E io, invece? Soffro, e comunque, non vivo. Sono la x di un’equazione indefinita. Sono una sorta di spettro della vita, che ha perso tutti gli inizi e tutte le fini, e in conclusione s’è persino dimenticato come si chiama.
[Fëdor Michajlovič Dostoevskij, I fratelli Karamazov
trad. Serena Prina, Feltrinelli 2024, p. 876]