un altro nome

Pranza a bordo del treno con un’insalata in busta, che la costringe a estrarre, tra le foglie, la scatolina di plastica trasparente che contiene le posate trasparenti e condimenti in bustina. Sono foglie frastagliate progettate al computer, croccanti ma tenaci, immasticabili come alghe; le olive nere hanno il sapore di scaglie di pneumatico ma sono frolle sotto i denti; pomodori senza stagione. Questo cibo è stato sottoposto a una tortura che durante tutto il processo di design dev’essere stata chiamata con un altro nome che l’ha resa accettabile.


[Francesco Pacifico, Il capo
Mondadori 2023, p. 153]