Oggi ero in metro per la mia seduta di lettura quotidiana (passo almeno un’ora e mezza al giorno a leggere in metro, per tutta una serie di motivi che non ho voglia di elencare qui, oltre al fatto che semplicemente mi piace leggere), quando è entrato uno dei motivi per cui leggo in metro sotto forma di uomo cencioso di mezz’età, colbacco blu calato troppo sulla testa, barba lunga, sorriso timido, cappotto pesante (fuori è sotto zero), sacca degli pfand in una mano, bicchiere di carta nell’altra. Trascina un po’ i piedi, ma non mette in mostra nulla se non la propria persona, non vende il giornale dei senzatetto, non puzza di alcol, non suona, non inizia con la cantilena sulla propria vita e su quanto non vorrebbe disturbare ma. Si limita a essere un uomo, un essere umano, che chiede due spicci, per favore.
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vita quotidiana
Il soccombente
Io, col naso pieno di muco e la gola infiammata e spalancata nel giorno più caldo, l’unico, dell’estate tedesca, mi addormento stravaccato sulla sedia di vimini del terrazzo, con le braccia a stringere il libro di Bernhard in grembo.
Il soccombente sono io.
Odio essere (anche solo minimamente) malato.