Voi ragazzi, disse, e ancora una volta provai una doppia fitta di complimento e di offesa, siete adorabili. Volete tutti essere il protagonista del film che fugge al rallentatore dalla fabbrica del cattivo che ha appena minato, e si getta a terra mentre esplode. Ma l’esplosione è gi in atto: è sempre stata in atto. Solo che voi non ve ne siete accorti…
Tom McCarthy
La barzelletta più lunga
Di sicuro, ogni incarico a cui la Società lavorava, ogni discorso imbonitorio che facevamo, implicava un’invocazione al Futuro, o una genuflessione: vincevamo i contratti spiegando che i social network sarebbero diventati la nuova stampa d’élite, le periferie il nuovo centro della città, e che le economie emergenti avrebbero saltato a piè pari l’analogico per entrare dritte nella fase postdigitale – cioè, usando il Futuro per conferire un bollo di verità a quegli scenari e a quelle affermazioni, rendendole assolute e oggettive grazie al semplice fatto di collocarle nel Futuro. Tutto, come diceva Peyman, sarà anche un’opera di fantasia: ma il Futuro è la barzelletta più lunga e insensata di tutte.
La tribù moderna
Dimentichiamoci della famiglia o dei raggruppamenti etnici e religiosi: le aziende le hanno soppiantate tutte come struttura primaria della tribù moderna. Il mio utilizzo della parola “tribù” in questo caso non è velleitario; è la parola “moderna” a essere equivoca, piuttosto. La logica che sottende l’azienda è del tutto primitiva. L’azienda ha le sue divinità, i suoi feticci, i suoi gan sacerdoti ei suoi paria (…). Ha i suoi rituali, le sue credenze e le sue superstizioni, il suo potenziale di competenze e abilità spicciole e, al contrario, i suoi Ignoti e i suoi Inespressi.
Il cursore ci ha raggiunto
Abbiamo bisogno di esperienza per restare in vantaggio, anche solo di misura, sulla nostra consapevolezza dell’esperienza – se non altro perché la seconda deve ricavare un sinificato dalla prima, per narrarle (…) sia agli altri che a noi, e, per questo, ha bisogno di essere alimentata da una fornitura costante di nuovi fatti e sensazioni. Ma quando il cursore narrativo raggiunge quello dell’interpretazione, quando gli avvenimenti e le situazioni non si reintegrano abbastanza in fretta per la coscienza che sostengono, quando, per quanto velocemente si rigenerino, vengono divorati all’istante da una bocca troppo vorace da permettere a qualsiasi cosa di depositarsi o accumularsi intatto al suo cospetto, allora ci troviamo inceppati, bloccati nel limbo: non possiamo godere né dell’esperienza né della sua consapevolezza.