Milan Kundera

Mi ripeto?

Mi ripeto? Comincio questo capiolo con le stesse parole che ho usato all’inizio del romanzo? Lo so. Ma anche se ho già parlato della passione di Alain per l’enigma dell’ombelico, non posso nascondere che questo enigma continua ad assorbirlo, così come voi siete assorbiti per mesi, se non per anni, dagli stessi problemi (di certo molto più insignificanti di quello che ossessiona Alain).

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Lítost

Lítost è una parola ceca intraducibile in altre lingue. Designa un sentimento infinito come una fisarmonica aperta, un sentimento che è la sintesi di molti altri: tristezza, compassione, rimorso, nostalgia. La prima sillaba di questa parola, che si pronuncia lunga e accentata, suona come il lamento di un cane abbandonato.
In certe circostanze, comunque, la parola lítost ha al contrario un significato molto ristretto, particolare, preciso e affilato come una lama di coltello. Pure per questo significato cerco invano un equivalente in altre lingue, sebbene io non riesca a immaginare come si possa comprendere l’anima umana senza di lui.

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