“Tu e Charles vi siete inventati la farsa del pakistano per divertirvi durante i cocktail mondani dove non siete che i poveri lacchè degli snob. Il piacere della mistificazione doveva proteggervi. E’ stata del resto la strategia di tutti noi. Da tempo abbiamo capito che non era più possibile rivoluzionare questo mondo, né riorganizzarlo, né fermare la sua sciagurata corsa in avanti. Non c’era che un solo modo possibile per resistere: non prenderlo sul serio. Ma mi rendo conto che le nostre beffe hanno perso ogni potere.”
La festa dell’insignificanza
Mi ripeto?
Mi ripeto? Comincio questo capiolo con le stesse parole che ho usato all’inizio del romanzo? Lo so. Ma anche se ho già parlato della passione di Alain per l’enigma dell’ombelico, non posso nascondere che questo enigma continua ad assorbirlo, così come voi siete assorbiti per mesi, se non per anni, dagli stessi problemi (di certo molto più insignificanti di quello che ossessiona Alain).