Leggendo L’impero del sole, di Ballard, continua a tornarmi in mente Essere senza destino, di Kertész: due scrittori che parlano della loro esperienza di bambini in campi di prigionia e nella guerra. Non è solo il tema, ovviamente, a ritornare ma anche l’approccio e le considerazioni di quei bambini. Entrambi dicono esplicitamente di non aspettarsi nulla dal mondo e dagli altri esseri umani, per cui non vivono l’esperienza con l’eccezionalità degli adulti, riescono persino fare ironia (ed è quella che fa più male, soprattutto in Kertész): danno per scontata e imparano da subito la crudeltà umana e la morte. I due bambini non provano astio verso i propri carcerieri o verso i nemici nominali determinati dagli schieramenti in conflitto, non attribuiscono valori intrinsecamente positivi alle nazionalità dei vari incontri, al massimo identificano l’intero genere umano nel vero nemico, come il professor Fuyutsuki in EoE. Il Jim di Ballard ripete almeno un paio di volte l’epifania di essere già morto, una consapevolezza che lo slega da qualunque contesto/legame sociale strutturato e lo pone di lato, al di là di tutto ciò che avviene davanti attorno dentro di lui; non ricordo se Kertész usasse le stesse parole, ma mi sembra che il concetto riverberasse anche nelle sue pagine, attraverso i suoi scritti successivi (almeno fino a quando, ne L’ultimo diario, la vecchiaia forse lo fa aggrappare a qualcosa di più terreno, schemi già visti e meno interessanti) fino a sublimare nell’esplicitazione della futilità della vita in sé, non della vita nei campi.
J.G. Ballard
Fine Millennio e altre letture
Avendo assodato che anche i più grandi scrittori/lettori prendevano appunti per ricordarsi dei libri letti, sono giunto alla conclusioni di poter fare altrettanto anch’io. Scrivere recensioni o presunte tali è sempre stato un equivoco suggerito da social network, blog e quant’altro, visto che si possono scrivere semplici commenti, non necessariamente critici né indirizzati ad altri che allo scrittore stesso (come un po’ tutta la letteratura, mi viene da dire). Rimane il dubbio di come commentare libri già sviscerati ovunque da chiunque, cosa aggiungere al mare magnum di parole accumulate, già più voluminose dei libri stessi che si prefiggono di valutare? La valutazione d’altronde è un’altra stortura/stonatura alla quale non mi voglio prestare. Ripenso spesso alla questione durante i miei tragitti in metro da lavoratore pendolare (attraversare Berlino richiede circa 30-40′ a tratta, cinque giorni la settimana). Questi stessi tragitti si stanno rivelando tra l’altro propedeutici a un ritmo di letture più elevato del solito, andando a scandirlo con insolita regolarità. Divorando una quantità di pagine superiore alla (mia attuale) norma, macino anche le letture più disparate, spesso parallelizzando anche forme e formati diversi.
Continue Reading →
I momenti peggiori di un regista
La fiducia in se stessi dei registi cinematografici, il loro entusiasmo e la loro voglia di vivere, sono francamente scoraggianti, specie per il romanziere, anima tetra seduta da sola nella sala buia della propria testa e mai sicura che le luci prima o poi si accenderanno. A giudicare dalle poche lamentele contenute in Projections 2, anche i momenti peggiori di un regista sembrano molto simili a quelli migliori di un romanziere.
Logica disneyana
In tutto il mondo i musei più importanti si sono piegati alla logica disneyana e stanno diventando essi stessi dei parchi a tema. Il passato, fosse pure il Rinascimento italiano o l’antico Egitto, è riassimilato e omogeneizzato nelal forma più digeribile. Senza speranza di fronte al nuovo, ma delusi da tutto quello che non ci è familiare, noi riconolizziamo tanto il passato quanto il futuro. La stessa tendenza si coglie nei rapporti personali, nel modo in cui ci aspettiamo che la gente confezioni se stessa, le proprie emozioni e la propria sessualità in forme attraenti e di richiamo immediato
Millennium People
Pensiamo di credere in Dio, ma siamo terrorizzati dal mistero della vita e della morte. Siamo profondamente egocentrici, ma non riusciamo ad affrontare l’idea del nostro io finito. Crediamo nel progresso e nel potere della ragione, ma siamo assillati dai lati più oscuri della natura umana. Siamo ossessionati dal sesso, ma temiamo l’immaginazione sessuale e dobbiamo essere protetti da enormi tabù. Crediamo nell’eguaglianza, ma detestiamo le classi inferiori. Temiamo i nostri corpi e, più di qualsiasi cosa, temiamo la morte. Siamo un incidente della natura, ma pensiamo di essere al centro dell’universo. Siamo a pochi passi dall’oblio, ma in qualche modo speriamo d’essere immortali…
Shepperton
Il centro della cittadina consisteva in poco più di un supermercato e un centro commerciale, un parcheggio multipiano e una stazione di servizio. Shepperton, che conoscevo solo per i suoi studi cinematografici, sembrava il più classico dei sobborghi, il paradigma dell’anonimato. Giovani madri spingevano i passeggini con i loro figli dentro e fuori la lavanderia a gettoni e il supermercato, e facevano i pieno alla stazione di servizio. Si guardavano riflesse nelle vetrine del negozio di elettrodomestici, esponendo i loro corpi flessuosi alle lavatrici e ai televisori, come se volessero avviare una relazione clandestina con essi.