esercizi di stile

esercizi di stile: parti del discorso

Articoli: lo, la, le, un, una, il

Pronomi: mi, tutto, tu, si, me, che, il quale, di cui

Preposizioni: in, col, dal, su, da, del, della, nel, di, al

Congiunzioni: che, e

Sostantivi: ufficio, bicicletta, Devo, freddo, faccia, mani, cappotto, cappello, capo reparto, discorso, applicazione software, cosa, insistenza, analisi, prodotto, questione, compito, ditta, software, pomeriggio, giro, mail, documento, programmatore referente, ufficio, cliente, rapidità

Aggettivi: vago, certa, scritta, dettagliata, suddetto

Verbi: raggiungo, taglia, tolgo, vengo convocato, fa, abbiamo comprato, dice, vedi, puoi fare, capisco, aspetterebbe, ha scritto, ha venduto, ottengo, è, inoltro, ringrazia, elogia

Avverbi: appena, poi, po’, solo, dopo, normalmente, finalmente

esercizi di stile: onomatopee

Vado in bicicletta tachete tachete tachete coi pedali che cigolano gnic gnic, e un freddo puff! Per fortuna nelle orecchie ho il tunz tunz dei Röyksopp.
Arrivo in ufficio, e uff, non faccio in tempo a sedermi che DRIIIN il capo mi chiama. Bla bla bla, non capisco che vuole. Bac.
Ancora domande e bla bla, finché sbam! ho capito. Il nuovo software, l’analisi tecnica, fogli e fogliacci. Frusc frusc che diventano bip bip nell’era informatica.
Zum, corro in ufficio, e ticchitichiticchitic scrivo mail tutto il pomeriggio al programmatore. E lui taaac mi manda il documento che aveva già pronto. Zac! Altro che farlo io. Yup! Lo giro al capo e DRIIIN mi chiama subito per dirmi grazie, prego, che velocità! Alè.

Esercizi di stile: svolgimento (il tema)

Mi sono svegliato presto questa mattina. Ho preso la bicicletta e sono andato in ufficio.
Faceva freddo e ho ascoltato Cristina D’Avena.
In ufficio il mio capo mi ha chiesto una cosa. Mi ha parlato molto e mi ha detto: “vedi un po’ tu cosa puoi fare”.
Io gli ho fatto altre domande. Lui mi ha detto che voleva leggere l’analisi del programma.
Io ho chiesto l’analisi del programma al ragazzo che ha scritto il programma. Lui me l’ha data. Io ho dato l’analisi del programma al mio capo. Lui mi ha detto grazie.
Sono tornato a casa stanco ma contento.

Esercizi di stile: volgare

Vado al cazzo di ufficio e ascolto gli Squallor. Fa freddo porca troia.
Mi tolgo il cappotto e subito via di rompicoglioni. Il capo mi rompe i maroni con sta storia qua che non so cosa cazzo ha fatto con l’app che ci gira tanto attorno solo come quando me la vuole mettere in culo. Che poi vuole solo la cazzo di analisi del software. E dillo prima porca puttana!
La chiedo al programmatore, col cazzo che la scrivo io. E infatti ce l’ha quello stronzo lì. E figurati. Che cazzo gli costava chiedergliela direttamente? Che figlio di puttana. Vabbè, gli giro la cazzo di analisi del software e lui mi ringrazia anche il coglione.
Fanculo!

Esercizi di stile: obsoleto, ampolloso

Giunsi al mio gabinetto in velocipede, auscultando il divo Pavarotti. Il gelo mi feriva il viso e gli arti superiori.
Non appena mi liberai della mantella e del copricapo, il mio superiore mi convocò. Si produsse in un eloquio arzigogolato che non mi condusse in nessun luogo. Concluse con la sibillina espressione “veda ordunque qual cosa potrebbe ordire”.
Compresi soltanto dipoi quale sarebbe stato il compito a me affibbiato. L’analisi del software (quale affare bislacco non vi sia altro verbo per definire quale fosse questo documento), questo si desiderava dalla mia persona, come se foss’io il demiurgo dell’ultimo acquisto del mio ufficio.
A questi mi rivolsi dunque, al progenitore della tanto decantata applicazione, la quale rimembra in me il pensiero di un impacco o di un’apposizione (lontani i tempi in cui i vocaboli, i motti, avevano un significato univoco e non ammorbato da altri idiomi, dal nostro così distanti). Il progenitore evocai e fu proprio costui a soddisfare le mie brame. Provvide a consegnarmi il documento a me e da me richiesto.
Mi occupai io stesso, infine, di far approdare l’agognato documento allo scrittoio del mio superiore. Gli elogi non mancarono, facendo appunto anche della mia celerità.

esercizi di stile: precisazioni

Vado in ufficio, al lavoro, un ufficio da dipendente, per una grossa ditta, non sono certo un libero professionista. E ci vado in bici, una bici da città, non bici da corsa e non mountain bike, e neanche una KTM. Nel tragitto ascolto i Coil, non i Lacuna Coil, e neanche i This Mortal Coil, attenzione. E neppure i This Immortal Coil, quanta confusione. E fa freddo, saranno zero gradi. Forse uno, non di più, ma neanche di meno.
Mi tolgo il cappello e sono a metà della seconda manica del cappotto, la destra, quando mi chiama il capo. Mi chiama attraverso la porta, che i nostri uffici sono ai lati opposti del corridoio, con le porte che si guardano. E le porte sono aperte, specie la mattina o quando non siamo in riunione, e in questo momento non siamo in riunione nessuno dei due.
Mi chiama e mi dice cose molto imprecise, sulle quali non saprei precisare. Oserei dire che vagheggia, fa discorsi strani, senza capo né coda. Le uniche informazioni utili che ricevo riguardano una nuova applicazione software, per computer, sistema operativo Windows, usiamo quello in ufficio, che abbiamo comprato da poco, una settimana, otto giorni per essere precisi.
E dopo un sacco di domande, direi tredici, capisco che il capo, che poi è il caporeparto, non il capo di tutta la ditta, sopra di lui nell’organigramma dell’azienda ci sono altri tre livelli gerarchici, insomma il capo vuole che io scriva l’analisi tecnica e dei requisiti di questa applicazione software.
C’è da dire che questi sono documenti solitamente redatti dalla ditta che sviluppa il software in prima persona, e non da un dipendente dell’azienda cliente, ovvero io. Secondo il mio capo, dovrei fare una lunga e complessa operazione di reverse engineering, ma non credo sia il caso.
Più precisamente, passo due ore della mattina e un’altra ora e ventitre minuti del pomeriggio a mandare mail al personale della software house che ha sviluppato l’applicazione per noi. Quando riesco a parlare con il programmatore, non il progettista, non l’analista, ma il programmatore referente, lui sì che ha questi documenti. Due pdf da ventisette e diciannove pagine l’uno, rispettivamente. Figuriamoci se dovevo scriverli io.
Inoltro, non copio, la mail del programmatore referente al mio capo reparto e poi vado nel suo ufficio, ovvero attraverso il corridoio. Gli faccio notare che nella mail ho allegato i due documenti da lui richiesti e quello mi ringrazia, non una, ma due volte.

esercizi di stile: sorprese / esclamazioni

Esco di casa e toh! Un freddo che taglia la faccia e sarebbe meglio andare a piedi, ma guarda un po’! sono in ritardo. E allora via in bicicletta! E cosa becco alla radio? Gli Einsturzende Neubauten!
Non faccio in tempo a togliermi il cappotto che, subito!, mi chiama il capo…e chissà cosa vorrà mai? Sorpresa: un nuovo incarico! E più vago del solito! Che vuol dire “vedi un po’ tu cosa puoi fare”?
Finalmente capisco! Un nuovo prodotto, manca l’analisi del software, che novità!
Non che spetti a me, no di certo!, scrivere l’analisi di un software fatto da una ditta esterna, ma questo no, non mi sorprende. Provo a scrivere qualche mail e, tac!, cosa vado a scoprire? Che questo documento ce lo hanno già loro e non devo fare altro che chiederlo. Così faccio e lo giro subito al capo. Lui sì che è sorpreso della mia velocità!

Esercizi di stile: troppa punteggiatura

Raggiungo l’ufficio, in bicicletta, ascoltando i D.A.F.. Col freddo, che mi taglia la faccia, e le mani.
Appena mi tolgo cappotto, e cappello, vengo convocato, dal capo reparto. Mi fa tutto un discorso, vago, su un’applicazione software, che abbiamo comprato, poi mi dice: “vedi un po’ tu, cosa puoi fare”.
Capisco, solo dopo una certa insistenza, che si aspetterebbe da me: un’analisi scritta, e dettagliata, del prodotto in questione (compito, normalmente, della ditta (che ha scritto, e venduto, il software)).
Nel pomeriggio, dopo un giro di mail, ottengo, finalmente, il suddetto documento, da un programmatore referente della ditta, di cui il mio ufficio è cliente. Inoltro l’analisi (del software) al mio capo reparto, il quale mi ringrazia, e mi elogia. Per. La. Rapidità.

esercizi di stile: senza punteggiatura

Raggiungo l’ufficio in bicicletta ascoltando Fennesz col freddo che mi taglia la faccia e le mani e appena mi tolgo cappotto e cappello vengo convocato dal capo reparto che mi fa tutto un discorso vago su un’applicazione software che abbiamo comprato per poi dirmi vedi un po’ tu cosa puoi fare ma capisco solo dopo una certa insistenza che si aspetterebbe da me un’analisi scritta e dettagliata del prodotto in questione e questo è un compito normalmente della ditta che ha scritto e venduto il software comunque nel pomeriggio dopo un giro di mail ottengo finalmente il suddetto documento da un programmatore referente della ditta di cui il mio ufficio è cliente così inoltro l’analisi del software al mio capo reparto il quale mi ringrazia e mi elogia per la rapidità

esercizi di stile: remix

vedi un po’ tu
l’ufficio in bicicletta
solo dopo una certa insistenza
col freddo che mi taglia
vedi un po’ tu
un’applicazione software
l’analisi del software
dopo un giro di mail
vedi un po’ tu
vengo convocato
mi tolgo cappotto e cappello
mi ringrazia e mi elogia
vedi un po’ tu
cosa puoi fare
ascoltando i Nine Inch Nails