Ho già sentito parlare il vescovo più di una volta, annoiandomi regolarmente: e per me non c’è di peggio che la noia. Ora poi, sentendo la sua voce attraverso l’altoparlante, mi venne di colpo l’aggettivo che avevo sempre cercato. Sapevo ch’era un aggettivo semplicissimo, l’avevo avuto più volte sulla punta della lingua, ma m’era sempre sfuggito. Al vescovo piace dare alla voce quell’inflessione dialettale che rende una voce popolare: ma il vescovo non è popolare. Il vocabolario delle sue prediche sembra attinto a un prontuario di pie frasi fatte, che da una quarantina d’anni a questa parte vanno perdendo a poco a poco ma costantemente ogni forza persuasiva. Frasi fatte che son diventate un puro rimbombo di parole, mezze verità. La verità non è noiosa, ma il vescovo ha evidentemente il dono di farla sembrar tale.
“…includere Dio nella nostra vita di ogni giorno…elevargli una torre nel nostro cuore…”
Per alcuni minuti ascoltai oltre lo squallido marciapiede della stazione, quella voce inquinata da una traccia troppo marcata di dialetto, e vidi al tempo stesso quell’uomo dalle vesti paonazze che parlava davanti al microfono, e di colpo trovai la parola che avevo cercato per anni, ma che era troppo ovvia per venirmi in mente: il vescovo era sciocco.