Da bambino volevo anche studiare. Mi piacevano le persone con i libri per le mani, gli ambienti silenziosi, i ritmi che prendono gli uomini di cultura. I vecchi. Più o meno.
Da bambino mi piaceva un sacco di roba che adesso non mi va più. Questo l’ho capito, mia madre ad esempio no, che continua a cucinarmi le uova all’occhio di bue.
Mi piaceva da matti viaggiare in treno. Osservare e divorare ogni immagine fuori dal finestrino, al di là del vetro. Sentire discorsi di sconosciuti standosene in disparte. Persa la pazienza di sopportare disagi e incontri casuali. Persa la pazienza per questi viaggi, ho iniziato ad apprezzare la guida e l’asfalto. Poi, anche quella è andata. Finita.
Mi piaceva passeggiare di notte, o la domenica pomeriggio. Rimanere assolutamente solo, sia nel buio che tra la folla domenicale. Isolarmi e pensare ad ogni cosa che non fosse il presente. Progetti. Ora ogni pensiero appesantisce, ogni via nasconde insidie e spaventi.