se poi un gatto ha un padrone

Da subito, seduto a gambe larghe e con il cappello dell’abat-jour rotto in mano, Alfredo aveva guardato parlare il monaco in silenzio nello stesso modo spaesato con cui si potrebbe guardare il proprio gatto che, a differenza di tutti gli altri gatti dei vicini, non si limita a portarti in dono un topo morto, una lucertola sventrata, un uccellino senza gambe e spiumato, ma, anzi, si presenta nel vialetto d’ingresso alla guida di un’automobile rubata, o con le buste della spesa piene di libr; per fissare poi a lungo te, il proprio padrone — se poi un gatto ha un padrone — con quello sguardo assolutamente interrogativo e innocente con cui anche tutti gli altri gatti sono soliti dimostrare il proprio affetto carico di doni preziosi. E in questo momento, mentre Leone Maldruzzi ballonzola sulle mattonelle saltellando da un sandalo all’altro e gli chiede dei tavoli, Alfredo gli sta riservando lo stesso sguardo svuotato e paziente di chi si rende conto, dopotutto, che la Uno diesel rimediata dal gatto è in buono stato.


[Giordano Meacci, Gli stati indecisi della materia
da Tutto quello che posso, Minimum fax 2005, p. 21]