«Fai tutto lo spirito che desideri. Ma scegli con cura. Si è ciò che si ama. No? Si è, solo ed esclusivamente e completamente, ciò per cui si morirebbe senza pensarci due volte, come dici tu. Tu, M. Hugh Steeply: per cosa moriresti senza pensarci due volte?»
Il dettagliato dossier dell’Afr su Steeply faceva anche menzione del suo recente divorzio. Marathe aveva già informato Steeply dell’esistenza di questo dossier. Si chiedeva quanto Steeply dubitasse di ciò che lui gli riferiva, o se invece lo credesse, semplicemente. Anche se i suoi travestimenti mutavano, in tutte le missioni l’automobile di Steeply era sempre la stessa berlina verde sponsorizzata sulla fiancata da una dolorosa pubblicità dell’aspirina – il dossier era al corrente di questa cretinata – eppure Marathe era certo che la berlina con la pubblicità dell’aspirina stesse a un livello inferiore, non vista. L’amata automobile di M. Hugh Steeply. Steeply fissava o forse solo guardava l’oscurità della superficie desertica. Non rispose. La sua espressione di noia poteva essere reale o tattica, una delle due.
Marathe disse: «Questa non è forse la scelta della piú suprema importanza? Che insegna ai vostri figli Usa come scegliere i loro templi? Che cosa amare abbsastanza da non pensarci due volte?»
«Questo da un uomo che-»
Marathe voleva che la sua voce non si alzasse. «Perché questa scelta determina tutto il resto. No? Ogni altra nostra scelta, di quelle che tu chiami libere, deriva da questa: qual è il nostro tempio. E allora qual è il tempio per gli Usa? Qual è il tempio, quando pensi di doverli proteggere da se stessi se i maligni québechiani cospirano per portare l’Intrattenimento nelle loro calde casette?»
Il volto di Steeply aveva assunto quell’espressione beffarda e distorta che, come ben sapeva, i québechiani trovavano repellente negli americani. «Ma tu parti dal presupposto che si tratti sempre di scelta, di una decisione conscia. Questo non è un po’ ingenuo Rémy? Stai seduto là col tuo bel libro mastro da ragioniere e decidi sobriamente che cosa amare? Sempre?»
«Le alternative sono-»
«E se capita che non ci sia scelta su cosa amare? E se il tempio venisse a Maometto? Che succede se ami e basta? senza decidere? Semplicemente ami: la vedi e in quel preciso istante dimentichi tutta la sobrietà e la contabilità e non puoi scegliere altro che amare?»
[David Foster Wallace, Infinite Jest, 1996, trad. Edoardo Nesi, Giulio Einaudi Editore 2006, pp.127-128]
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