È quasi impossibile esimersi dal fare almeno una minima parte di quegli acquisti che vengono offerti e imposti quali musts, cioè «acquisti obbligatori». Chi lo tenta corre il pericolo di passare per «introvertito», di perdere il proprio prestigio, di mettere in forse le proprie prospettive professionali, di rivelarsi sprovvisto di mezzi; anzi corre il pericolo di rendersi moralmente e politicamente sospetto. Perché, in verità, il non comperare è considerato una specie di sabotaggio dello smercio, una minaccia alle legittime esigenze della merce; quindi non soltanto è considerato un non fare, ma anche una trasgressione positiva, affine al furto. Se non persino qualche cosa di più scandaloso: perché, mentre il ladro con la sua appropriazione (nel suo genere certo indesiderata) testimonia tuttavia di riconoscere lealmente, come tutti gli altri, come ogni altro cliente, la qualità di richiamo e il comandamento della merce, dimostra dunque di essere conformista, e, se è acciuffato, può venir chiamato a rispondere, senza ambiguità, colui che non compera osa non dare ascolto al richiamo della merce e offendere il cosmo delle merci con la sua rinunzia; e poi osa invocare persino ipocritamente l’alibi della negatività, cioè di non aver fatto nulla di nulla, e con ciò si sotttrae davvero al braccio della giustizia. «Piuttosto dieci ladri che un solo asceta» (Proverbio molussico).
[Günther Anders, L’uomo è antiquato, Vol. I (Die Antiquertheit des Menschen, I), 1956,
trad. Laura Dellapiccola, Bollati Boringhieri 2022, pp. 163-164]