Il pericolo della futura automazione non è tanto la deplorata meccanizzazione e artificializzazione della vita naturale, quanto il fatto che, nonostante la sua artificialità, ogni produttività umana sarebbe risucchiata in un processo vitale enormemente intesificato, e seguirebbe automaticamente, senza pena o sforzo, il suo sempre ricorrente ciclo naturale. Il ritmo delle macchine intensificherebbe a dismisura il rimo naturale della vita, ma non modificherebbe, rendendola solo più micidiale, la funzione principale della vita rispetto al mondo, che consiste nel consumare ciò che è durevole.
[Hannah Arendt, Vita activa (The Human Condition), 1958
trad. Sergio Finzi, Bompiani 1964, p. 93]