Ieri ero lì che mi guardavo Bolt venire investito da un cameraman cinese (dopo aver dominato i 200 alla faccia di Gatlin), quando suona il campanello il mio amico G.
Molto estemporaneamente, si parte per fare un giro in bici. Dove? Da Pesaro a Gabicce, passando per il Parco Naturale del Monte San Bartolo. Warum nicht.
Mi metto il costume, i calzoni da ciclista (per la prima volta) e sono pronto. Prendo la mia vecchia Bianchi riadattata a city bike con tanto di cestino e partiamo. Arriviamo in stazione a Forlì un po’ all’ultimo, ma riusciamo a prendere il treno delle 3.30 che ci porterà a Pesaro.
Nel tragitto parliamo di miti pre-ellenici, società matriarcali, tripla dea, dipinti di Tiziano e dopo-storia. Le solite chiacchiere da ciclisti insomma.
Arrivati a Pesaro city (novità per me) scendiamo verso il lungo mare e sembra di essere a Cervia. Stessi stabilimenti, stesse strade, persone, bagnanti. Il mare pare decente e così decidiamo di fare anche un bagno prima di darci alla pedalata. In effetti l’acqua è bella (per i nostri standard) e ne vale la pena. Tornati in spiaggia, riprendiamo le nostre cose e ripartiamo a petto nudo. Il mio cestino ora contiene: due borracce piene, la mia maglia e la camicia(!) di G, il marsupio con carta d’identità, cellulare e compattina, più il tomazzo da millemila pagine che G si porta dietro in questi giorni. Fattore difficoltà.
La prima cosa è risalire su per il monte, lungo una salita non troppo pendente, ma lunghetta per il mio fisico da non-ciclista intrippato dalle vacanze estive (3kg in un mese). Arrivati in cima, è tutto un sali e scendi, o scendi e sali, in mezzo al parco naturale, con campi e colline sulla sinistra e l’Adriatico laggiù in basso a destra. La strada è larga e passano poche auto, molti più ciclisti (veri), così che il giro si rivela molto piacevole. Ci fermiamo ogni tanto a bere, studiare i cartelli con gli animali, guardarci attorno, fare due foto.
Facciamo sosta a Fiorenzuola di Focara, un paesino a 2/3 del tragitto, per mangiare una piadina seduti su una terrazzina affacciata sul mare. Ci servono con la solita cortesia marchigiana, ma noi ci godiamo il momento. Poi a G sorge un dubbio più che legittimo: ma che ore sono?
Unico orologio disponibile: il cellulare. Mai controllato fino a quel momento. Sono le 19.07.
Ancora seduti sulla panchina con mezza piadina in mano, ci rendiamo conto di avere mezz’ora esatta per arrivare in stazione a Cattolica.
Ripartiamo al volo, G finisce la piadina pedalando dai dai dai missione quasi impossibile ma magari il treno è in ritardo sbaglio strada torno indietro giù per discese improbabili freni che stridono mi si rompe la dinamo dai che ce la facciamo…non ce la facciamo. Arriviamo in stazione a Gabicce che il treno è partito da 10 minuti.
Vabbè dai, c’è il treno ogni ora ai 37, prenderemo quello delle 20.37. Peccato che ci sia ogni ora ai 37, tranne che alle 20.
Chiediamo disperati al bigliettaio una soluzione e lui ci indica la via: il treno delle 20.37 parte direttamente da Rimini, alle 20.50, ma sì che ce la fate!
Esitiamo solo un secondo, prima di partire per un’altra folle pedalata con in mente ancora l’eco delle parole del bigliettaio di Gabicce: “Dai che è tutta piana!”.
Abbiamo un’ora scarsa per arrivare in stazione a Rimini, non c’è un secondo da perdere. Ritmo forsennato e in piana faccio fatica a tenere la ruota di G. L’Adriatica non è bella come il Parco Naturale per un giro in bici, specie di notte, ma qui non c’è tempo di guardarsi attorno, solo pedalare pedalare, bruciare semafori, tagliare rotonde, sperare di non essere investiti. G si accorge anche di non avere più la luce davanti, evidentemente rubata mentre facevamo il bagno a Pesaro. Per fortuna il sole va giù lentamente e ci accompagna un lungo tramonto.
Arriviamo a Rimini e: tu sai dov’è la stazione? No. Vabbè, guardiamo le indicazioni. La stazione di Rimini è lontanissima.
Arriviamo nello stradone e vediamo distante l’orologio luminoso sulla facciata indicare le 20.50. No cazzo! Pedaliamo come forsennati fino a dentro la stazione, non ci fermiamo che sotto al tabellone dove il nostro treno lampeggia in partenza al binario 1. Scendiamo al volo giusto per buttare le bici su un vagone e bon. Le porte si chiudono dietro di noi, tempo 30 secondi.
Bigliettaio di Gabicce, dovunque tu sia: ce l’abbiamo fatta!
leggere di come siete riusciti a prendere il treno è stato più avvincente della finale dei 200! Grandi! 😉
Grazie. In effetti è stata un’impresa da raccontare ai posteri.
Ne vado molto orgoglioso (soprattutto per Gabicce-Rimini a una velocità media pazzesca).