Nella storia come in psicologia, la rivolta è un pendolo sregolato che corre alle pi pazze ampiezze perché cerca il suo ritmo profondo. Ma questa sregolatezza non è completa. Si muove intorno a un perno. Nell’atto stesso di suggerire una natura comune agli uomini, la rivolta mette in luce la misura e il limite che stanno al principio di questa natura.
scrivere è già scegliere
Scrivere è già scegliere. […] Ancora Delacroix lo dimostra con profondità: “Perché realismo non fosse una parola vuota di senso, bisognerebbe che tutti gli uomini avessero lo stesso spirito, lo stesso modo di concepire le cose.”
li giustifica la loro cattiva coscienza
Si noterà infatti che in questa lotta tra Shakespeare e il ciabattino, non è il ciabattino a maledire Shakespeare o la bellezza, ma è colui che continua a leggere Shakespeare e non sceglie di fare gli stivali, che del resto non potrebbe mai fare. Gli artisti del nostro tempo somigliano ai gentiluomini penitenti della Russia Ottocentesca; li giustifica la loro cattiva coscienza.
una promessa
Il pensiero che si forma con la sola storia, quanto quello che si contrappone ad ogni storia, tolgono all’uomo il mezzo o la agione di vivere. Il primo lo spinge all’estrema prostrazione del “perché vivere?”; il secondo al “come vivere?”. La storia, necessaria, non sufficiente, non è dunque che una causa occasionale. Non è assenza di valore, né valore in sé, e neppure materia prima di un valore. È un’occasione, tra altre, in cui l’uomo può avvertire l’esistenza ancora confusa di un valore che gli serve a giudicare la storia. La rivolta stessa ce ne dà promessa.
l’omaggio
Quelli che rifiutano la sofferenza d’essere e di morire vogliono allora
dominare. “Il potere è solitudine” dice Sade. Il potere, oggi, per migliaia di solitari, poiché significa la sofferenza dell’altro, confessa il bisogno dell’altro. Il terrore è l’omaggio che astiosi solitari finiscono col rendere alla fraternità degli uomini.
la grandezza dell’intenzione
Non è giusto identificare i fini del fascismo e quelli del comunismo russo. Il primo rappresenta l’esaltazione del carnefice da parte del carnefice stesso. Il secondo, più drammatico, l’esaltazione del carnefice da parte delle vittime. Il primo non ha mai sognato di liberare interamente l’uomo, ma solamente di liberarne alcuni soggiogando gli altri. Il secondo, nel suo principio più profondo, mira a liberare tutti gli uomini asservendoli tutti, provvisoriamente. Bisogna riconoscergli la grandezza dell’intenzione.
un progresso smisurato
L’utilità della rivoluzione non stava nel dare agli uomini la felicità, “l’esecranda comodità terrestre”. Essa doveva invece, nella mente di Breton, purificare e chiarire la loro tragica condizione. La rivoluzione mondiale e i terribili sacrifici che essa implica dovevano arrecare un solo beneficio: “impedire che la precarietà affatto artificiosa della condizione sociale veli la precarietà reale della condizione umana”. Semplicemente, per Breton, questo progresso era smisurato.
prima ci si converte
Si conterebbero sulle dita di una mano i comunisti che sono pervenuti alla rivoluzione attraverso gli studi del marxismo. Prima ci si converte e poi si leggono le Scritture e i Padri.
c’è un dio
L’uomo che da principio, nella sua rivolta, nega Dio, tende poi a sostituirlo. Ma il messaggio di Nietzsche sta a significare che diventa Dio solo rinunciando ad ogni rivolta, anche a quella che produce gli dèi per correggere questo mondo. “Se c’è un Dio, come sopportare di non esserlo?” C’è un dio, in realtà, che è il mondo.
la lotta della giustizia contro la verità
“Tutta la scienza del mondo non vale le lacrime dei bambini.” Ivan non dice che non vi sia alcuna verità. Dice che se verità c’è, non può essere altro che inaccettabile. Perché? Perché è ingiusta. È aperta qui per la prima volta la lotta della giustizia contro la verità; essa non avrà più tregua.