There are philosophies which, however difficult they may be, are in principle easy to teach and to learn. Of course, not everyone can teach or learn philosophy – any more than higher mathematics; but the philosophies of certain philosophers have this in common with higher mathematics: they present the simple alternative of being either understood or not understood. It is, in the last analysis, impossibile to misunderstand them. This is true of Aristotle, or St. Thomas Aquinas, or Descartes, or Locke, or Kant. Such philosophies are like mountains: you climb to their tops or you give up; or like weights: you lift them or they are too heavy for you. In either case you will know what has happened and ‘where you are’. But this is not so with the thought of Plato, or St. Augustine, or Pascal, or Kierkegaard, or Nietzsche. Their philosophies are like human faces on the features of which are inscribed, disquietingly, the destinies of souls; or like cities rich of history. ‘Do you understand Kant?’ is like hasking ‘Have you been to the summit of Mount Blanc?’ The answer is yes or no. ‘Do you understand Nietzsche?’ is like asking ‘Do you know Rome?’ The answer is simple only if you have never been there.
la tua casa
Perché la convinzione è in fondo la tua casa, il massimo conforto, e tu spendi tutti i risparmi della tua vita per arredare questa casa. Se il mondo intorno a te è povero e in colore, tu provvedi a stiparlo di oggetti mentali d’ogni genere, di lampadari e di tappeti persiani. Se invece quel mondo era già ricco di suo, allora preferirai la monocromia mentale, ti accontenterai di poche sedie astratte.
una sequenza che batte Beckett di parecchie lunghezze
Legato su una barella, Penkovskij viene portato dentro il crematorio municipale di Mosca. Un inserviente apre lo sportello del forno e altri due cominciano a spingere la barella e il suo contenuto nella fornace ardente; le fiamme stanno già lambendo le suole dell’uomo che urla. A questo punto dall’altoparlante una voce interrompe la procedura, perché un altro corpo è in programma per questa frazione di tempo. Penkovskij, sempre urlante ma incapace di scalciare, viene tirato indietro; arriva un altro corpo che, dopo una breve cerimonio, è spinto nel forno. Di nuovo si sente la voce dall’altoparlante: è il turno di Penkovskij, e lo fanno entrare. Una sequenza breve ma efficace. Una sequenza che batte Beckett di parecchie lunghezze, giova al morale e non si può dimenticare.
inventarsi la via a ogni passo
Piano piano sto arrivando a capire l’assurdità del compito che mi sono proposto. Ho l’impressione di dirigermi verso una meta, di sapere cosa volevo dire, ma pi avanzo più cresce la certezza che la strada per giugere al mio scopo non esiste. Devo inventarmi la via a ogni passo e ciò significa che non sono mai sicuro di dove mi trovo. Ho l’impressione di procedere in cerchio, di tornare di continuo sulle mie tracce, di disperdermi in varie direzioni. E anche se riesco a compiere qualche passo avanti, non sono affatto convinto che mi porterà dove penso di andare. Il fatto di vagare nel deserto non significa che ci sia una terra promessa.
l’unico modo libero
La vera disperazione pone questioni così cruciali che non riesce ad addattarsi a nessuna ideologia.
La truffa ideologica è quella di voler convincere la gente che esiste una verità. La realtà, allora, non conta più se non nella misura in cui può conformarsi a quella verità.
Eppure la povertà o le metastasi, per esempio, sono abissalmente indifferenti al Dow Jones o alla linea di un partito…
Qualcuno di certo obietterà che lo sono altrettanto alla poesia, e invece si sbaglia.
Svincolata da ogni logica, la poesia è l’unico modo libero che abbiamo per cogliere quello che davvero conta.
i problemi diventano appassionanti
Se si smette di voler attribuire a qualcuno le responsabilità, i problemi diventano appassionanti.
che cosa buffa
Ho avuto a lungo molta paura di guidare in autostrada.
In realtà non ci riuscivo proprio: optavo sempre per la staale, dove stranamente mi sentivo più a mio agio.
Ne ho parlato spesso con l’analista perché non capivo il motivo di tanta paura e anche perché quello era per me un grosso handicap sia per il lavoro, sia per la mia vita in genere.
Ed è stato uno dei pochi argomenti su cui lui si è degnato di darmi il suo parere…
Mi ha detto che, a ben pensarci, una macchina ha molti punti in comune con una bara, che lanciarsi a velocità innaturali su una strada in cui non si sa niente delle persone che guidano le altre bare è una cosa che dà da pensare e che, in condizioni del genere, gli sembava piuttosto legittimo avere paura.
Da allora non ho più paura. Che cosa buffa la psicoanalisi…
terra terra
C’illudiamo che ciò che è peculiare, profondo, per noi essenziale, nella nostra indagine, risieda nel fatto che essa tenta di afferrare l’essenza incomparabile del linguaggio. Cioè a dire, l’ordine che sussiste tra i concetti di proposizione, parola, deduzione, verità, esperienza ecc. Quest’ordine è un super-ordine tra — potremmo dire — super-concetti. Mentre in realtà, se le parole «linguaggio», «esperienza», «mondo», hanno un impiego, esso dev’essere terra terra, come quello delle parole «tavolo», «lampada», «porta».
ending the waiting game
Now we are to know that salvation lies in reversing the story, in ending the story of the end, dismantling Eschatology, ending this world of order in order to reverse the curse of the world laid on it in its Judeo-Christian end. Only a life without hope, meaning, justification, waiting, solution — as we have been shaped for these things — is free from the curse of God.
bad faith
Why do men stay alive in the face of the preponderance of pain over pleasure, of meaninglessness over sense? Camus’ answer is, in effect, that suicide, as a response to the generale condition of human life, is a contradiction, because the condition to which it would be a response is life’s absurdity, and suicide does not respond to this absurdity, but removes it. That seems a very academic way of putting the problem. Camus is right that this is the philosophical problem, because until it is answered one’s chance for moral existence has not begun — or ended; one has not taken one’s life into one’s own hands. And after it is answered the supposed need for a philosophical “foundation” for morality vanishes, which is the reason all such foundations — metaphysical, epistemological, political or religious — strike one as conceived in bad faith.