E sforzandomi di riafferrare quelle linee lontanissime ho capito che dovunque la vita è una geometria musicale: ferisce le goffe solitudini del tempo; gioca contro un odio doloroso, umiliante, che spesso non ci permette di seguire tutte le divagazioni che la vita stessa si concede per dimenticare la sua fine ineludibile e innaturale. Non ci può essere l’infinito senza la certezza di una conclusione che, da qualche parte, incomba sui confini incerti del tempo per rimarcarne i limiti.
[Giordano Meacci, La signora che mi spia mentre gioco
da Tutto quello che posso, Minimum fax 2005, pp. 205-206]