La poetica dell’opera “aperta” tende, come dice Pousseur, a promuovere nell’interprete “atti di libertà cosciente”, a porlo come centro attivo di una rete di relazioni inesauribili, tra le quali egli instaura la propria forma, senza essere determinato da una necessità che gli prescrive i modi definitivi dell’organizzazione dell’opera fruita; ma si potrebbe obiettare (…) che qualsiasi opera d’arte, anche se non si consegna materialmente incompiuta, esige una risposta libera ed inventiva, se non altro perché non può venire realmente compresa se l’interprete non la reinventa in un atto di congenialità con l’autore stesso.
[Umberto Eco, 1962, Opera aperta, pag.36]