La parola uomo

Cipriano Algor si allontanò avviandosi verso il forno e mormorando, come una cantilena priva di significato, Marta Marçal, Isaura, Trovato, poi in ordine diverso, Marçal, Isaura, Trovato, Marta, e poi ancora, Isaura, Marta, Trovato, Marçal, e un altro ancora, Trovato, Marçal, Marta, Isaura, finalmente vi aggiunse il proprio nome, Cipriano, Cipriano, Cipriano, lo ripetè fino a perdere il conto, fino a sentire che una vertigine lo lanciava fuori di se stesso, fino a non comprendere più il senso di ciò che stava dicendo, allora pronunciò la parola forno, la parola tettoia, la parola creta, la parola gelso, la parola aia, la parola lampione, la parola terra, la parola legna, la parola porta, la parola letto, la parola cimitero, la parola manico, la parola brocca, la parola furgone, la parola acqua, la parola fornace, la parola erba, la parola casa, la parola fuoco, la parola cane, la parola donna, la parola uomo, la parola, la parola, e tutte le cose di questo mondo, quelle nominate e quelle non nominate, quelle note e quelle segrete, quelle visibili e quelle invisibili, come uno stormo d’uccelli che fosse stanco di volare e scendesse giù dalle nuvole, andarono a posarsi a poco a poco ai loro posti, colmando le assenze e riordinando i significati.

caverna
[José Saramago, La caverna (A Caverna), 2000,
trad. Rita Desti, Giulio Einaudi editore 2004, p.117]

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