la loro futura esistenza di rovine

Prima o poi, disse ancora, bisognerebbe catalogare i nostri edifici, ordinandoli secondo le dimensioni: si scoprirebbe subito che a prometterci almeno un barlume di pace sono proprio quelli collocati al di sotto delle normali dimensioni dell’architettura domestica – la capanna, l’eremo, le quattro mura del guardiano delle chiuse, la specola di un belvedere, la casetta dei bambini in giardino –, mentre di un edificio enorme, come ad esempio del Palazzo di giustizia di Bruxelles, su quello che una volta era il colle della forca, nessuno potrebbe sostenere a mente fredda che è di suo gradimento. Nel migliore dei casi lo si guarda meravigliati, e questa meraviglia è una forma preliminare di terrore, perché naturalmente qualcosa ci dice che gli edifici sovradimensionati gettano già in anticipo l’ombra della loro distruzione e, sin dall’inizio, sono concepiti in vista della loro futura esistenza di rovine.


[W. G. Sebald, Austerlitz
trad. Ada Vigliani, Adelphi 2002, pp. 25-26]