Purtroppo Sclavi ha avuto la sfortuna di creare un personaggio a fumetti famosissimo che vende centinaia di migliaia di copie da più di trent’anni e sarà ricordato quasi solo per quello, perché in realtà è anche un grande scrittore, nonostante non ne sia convinto lui stesso.
Limitandomi alla circolazione del sangue, appena letto, l’incipit dice già tutto:
La mia morte avvenne al compimento del mio trentesimo anno di età, in circostanze misteriose. Fui ucciso in una stanza ermeticamente chiusa dall’interno. Ero più o meno in questa posizione, stavo scrivendo a macchina, quando sentii un fruscìo alle mie spalle. Non è esatto: più che un fruscìo era l’alito di una presenza, dietro di me. Mi voltai di scatto, impaurito, ma feci appena in tempo a vedere la sagoma indistinta di un uomo che mi puntava un’arma, probabilmente una pistola o un corto fucile a canne mozze. Subito dopo ci fu una detonazione e un proiettile entrò nel mio cervello, provocando la mia quasi istantanea dipartita da questo mondo. Quasi istantanea, beninteso, secondo il rapporto del medico legale, perché nella realtà durò parecchi secondi. Provai un dolore immenso, indescrivibile, potei sentire chiaramente le urla disperate dei miei organi interni, lo stomaco, il fegato, i polmoni, l’apparato enitale, il cuore e la sua infinita rete di arterie, vene e vasi sanguigni che ripetevano alla mente, come un disco incantato: «Aiuto… Non puoi abbandonarci così…» Quegli istanti bastarono per convincermi che non esiste morte dolcissima e che, dopo tanti mali, arriva comunque e sempre quello più grande. Con una consolazione, è vero, quella stessa di ogni malattia, ma più precisa e indubbia, come la perfetta rassegnazione travestita da perfetta speranza: «Passerà… passerà tutto…»
[Tiziano Sclavi, La circolazione del sangue, 1995,
Camunia editrice 1995, p.5]