Di sicuro, ogni incarico a cui la Società lavorava, ogni discorso imbonitorio che facevamo, implicava un’invocazione al Futuro, o una genuflessione: vincevamo i contratti spiegando che i social network sarebbero diventati la nuova stampa d’élite, le periferie il nuovo centro della città, e che le economie emergenti avrebbero saltato a piè pari l’analogico per entrare dritte nella fase postdigitale – cioè, usando il Futuro per conferire un bollo di verità a quegli scenari e a quelle affermazioni, rendendole assolute e oggettive grazie al semplice fatto di collocarle nel Futuro. Tutto, come diceva Peyman, sarà anche un’opera di fantasia: ma il Futuro è la barzelletta più lunga e insensata di tutte.
[Tom McCarthy, Satin Island, 2015,
trad. Anna Mioni, Bompiani Editore 2016, p.92]