«Il viso è come il nome. Dev’essere avvenuto verso la fine dell’infanzia: a forza di osservarmi nello specchio, ho finito per credere che quello che vedevo ero io. Ho un ricordo assai vago di quel periodo, ma so che scoprire l’io deve essere stato inebriante. Poi, però, arriva il momento in cui stai davanti allo specchio e ti dici: sono io, questo? e perché? perché ho solidarizzato con questo qui? che me ne importa di questa faccia? E allora tutto comincia a crollare. Tutto comincia a crollare.»
[Milan Kundera, L’immortalità (Nesmrtelnost), 1990,
trad. Alessandra Mura, Adelphi Edizioni 1990, p.47]
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