Vedendo I Love You, Daddy viene in mente molto Allen (bianco e nero, New York, la musica, ricchi con problemi, protagonista inetto, persino una battuta sugli ebrei) ma è un film di Louis CK in tutto e per tutto: col suo pudore, le sue insicurezze, il suo acume. Il film è bello, con anche una virgola nel titolo, ma non è (solo) per questo che bisognerebbe vederlo.
Veniamo all’elefante nella stanza: è sorprendente come questo film sembri una risposta al casino successo in realtà immediatamente dopo, quello stesso casino che non ha permesso la distribuzione del film. Questo è tanto più paradossale perché qui si parla di emancipazione femminile in maniera più sensata e ragionata che nella maggior parte dei discorsi di giornali, riviste, blog e divi vari, affrontando il tema centrale da più punti di vista, compreso (ovviamente) quello del maschio/padre che non sa esattamente cosa dire/fare, sapendo solo di sbagliare.
Il pezzo di Elisa Cuter dice tutto bene secondo me, ma quello che trovo davvero incredibile sono i riferimenti alle vicende che si sarebbero svolte di lì a poco, con una preveggenza che ha del sovrannaturale: a un certo punto Louis CK dice “un artista non dovrebbe essere giudicato per la sua vita privata”, in un altro momento chiede addirittura scusa a “tutte le donne”.
Altro che il reshooting di Kevin Spacey.