Il nostro punto di partenza è sempre lo stesso, non sappiamo mai niente di niente, non c’è niente di cui abbiamo un’idea sia pur minima, così diceva, pensai. Non appena esaminiamo un argomento qualsiasi, rischiamo di soffocare nell’enorme quantità di materiale che in ogni campo è a nostra disposizione, la verità è questa, così diceva, pensai. E pur sapendo tutto ciò, riesaminiamo continuamente da capo i nostri cosiddetti problemi intellettuali e ci lasciamo sedurre da un’idea impossibile: creare un prodotto intellettuale. Questa sì che è follia! così lui, pensai. Fondamentalmente siamo capaci di qualsiasi cosa, e altrettanto fondamentalmente siamo destinati a fallire in ogni cosa, così diceva, pensai.
[…]
Il cosiddetto uomo d’ingegno si consuma in un’opera che egli reputa epocale, eppure alla fine si è solo reso ridicolo, può chiamarsi Schopenhauer o Nietzsche, non ha alcuna importanza, può essere stato Kleist o Voltaire, ciò che abbiamo di fronte a noi è solo un pover’uomo, un essere pietoso che ha abusato della propria mente e operato in sé una reductio ad absurdum.
[Thomas Bernhard, Il soccombente (Der Untergeher), 1983,
trad. Renata Colorni, MEDIASAT/ MDS BOOKS 2003, pp.63,64]
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