Raggiungo l’ufficio sulla mia cara vecchia Bianchi, ascoltando i Korn col mio lettorino Creative (auricolari Senheiser). Che canzone? ADIDAS. Fa freddo, ma ho la mia giacca North Face e non temo niente e nessuno.
Arrivo in ufficio e accendo il mio Sony VAIO, ma subito vengo chiamato dal mio capo reparto. Ci vado di corsa, sulle mie comode Nike, e ascolto cos’ha da dirmi, tutto vestito Emporio Armani dalla testa ai piedi. Chissà se pensa di impressionarmi. Perché col suo discorso non lo fa di sicuro. A quanto pare mi devo occupare di un app per i nostri dispositivi Android, i cui costruttori non ci hanno ancora mandato l’analisi tecnica.
Non c’è problema, non ho neanche bisogno di accendere il mio Samsung S6 Edge per provarla. Cerco il profilo della ditta su Linkedin, trovo il programmatore referente su Xing e gli mando una mail precisa come uno Swatch (il Rolex è troppo). Mentre aspetto la risposta, studio i miei prossimi acquisti su Amazon e Zalando, ma il tipo è troppo efficiente.
Giro la mail al mio capo e vado a ricevere gli elogi e postarli su Twitter. Magari ci facciamo anche un selfie, con la mela del suo portatile in primo piano però.
Questo esercizio di stile lo potevi chiamare anche “scrivere come wilbur Smith”
Mi è piaciuto questo riferimento colto.