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Il pensiero del suicidio

Il pensiero del suicidio arriva verso sera, quasi a orario fisso. A quest’ora è più attraente. Quando declina il giorno aumenta la sua forza di seduzione e penetra sotto la pelle come la linfa tropicale, ammorbidisce i muscoli, distende le viscere, trascina la testa verso le budella, dissolve le ossa, mi colma di ribrezzo dolciastro, abbandonarsi al quale è nauseabonda lascivia. Una cosa posso configgergli dentro: il mio affetto inquieto per mia madre.
Nonché la mancanza dei mezzi. Il revolver di mio padre: ma lo tiene in cassaforte. Ho mancato di procurarmene uno mio: di questi tempi è abbastanza difficile. Eppure è il modo più vantaggioso, a causa della sua praticità, la pulizia e l’indicibilmente semplice colpo, dopo il quale immagino un silenzio profondo e niente altro. Tutto prevede altro lavoro e tribolazione. Impiccarsi: la scelta della corda, poi un posto buono sotto il soffitto, poi la realizzazione del nodo e la prova — e poi ancora la sedia che devo pure cacciarmi di sotto? Poi lo scricchiolio — e qui non potrei più oppormi alla visione, a questa inevitabile scortesia che farei agli occhi dei miei cari. Povera mamma!… Oppure gettarmi sul Grande Viale. Ma il volo, il tempo di arrivare giù, la visione, come l’asfalto si avvicina ai miei occhi con un unico strattone e, poi, quell’urlo! — I farmaci, poi, mi fanno schifo.
Certo, anche la vita è un modo per suicidarsi: lo svantaggio è che dura formidabilmente a lungo.

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Un posto carnascialesco

Io pensavo essere in una situazione che te t’immagini che sei nel posto della malattia che quando esci da quel posto lì ti trovi nel posto della salute, invece sei nel posto della salute che quando esci da quel posto lì ti trovi nel posto della malattia.
Star lì in ospedale, mi dice Mario, sei venuto fuori proprio privo del minimo senso dell’umorismo. Sei forse lettone, di origine? mi chiede.
Eh, gli dico, forse c’è il caso.

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Un’altra cosa

Un’altra cosa che mi era mancata: la città di notte, calda e vuota.
Girarci in bici senza un motivo, vedere il riflesso dei lampioni negli occhi dei gatti, gli unici che mi attraversano la strada, le serrande abbassate, le tende chiuse, sedie e panchine vuote, graffiti, scritte a mano, cartelli di legno, intonaci rotti, qualche televisore, finestre aperte, un vecchio ogni tanto affacciato che guarda la strada, le stelle da qualche parte, silenzio e sudore.

Il segnale segreto

Qui egli tornò ad aprire lo Shakespare. L’infatuazione del ragazzo per l’ebbrezza del linguaggio — Antonio e Cleopatra — si era spenta del tutto. In realtà Shakespeare odia il genere umano: la cura nel vestire, il concepimento di figli, la sordidezza della bocca e del ventre! Tutto ciò si disvelava, adesso, a Septimus: il messaggio nascosto sotto la bellezza delle parole. Il segnale segreto che una generazione trasmette, in modo recondito, alla successiva è odio, disgusto, disperazione. Dante idem. Eschilo (tradotto) idem.

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Quale maniaco l’ha concepita?

Mentre il pubblico rientrava nella sala cominciai, caricaturalmente, a immaginare il morbo fatale che, senza che nessuno lo riconoscesse, era all’opera dentro di noi, dentro ciascuno di noi: a vedere i vasi sanguigni che si occludevano sotto i berretti da baseball, i tumori maligni che crescevano sotto i capelli bianchi con la permanente, gli organi che cedevano, si atrofizzavano, smettevano di funzionare, le centinaia di miliardi di cellule assassine che spingevano di nascosto tutto il pubblico verso l’inverosimile disastro che lo aspettava. Non riuscivo a trattenermi. Quella fantastica decimazione che è la morte viene a spazzarci via tutti. Orchestra, pubblico, direttore, tecnici, rondini, scriccioli… Pensate alle cifre per la sola Tanglewood tra il momento attuale e l’anno 4000. Poi moltiplicate questo numero per un altro numero infinito. L’incessante estizione. Che idea! Quale maniaco l’ha concepita?

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Un brutto posto

Se qui piove incessantemente per sei o sette settimane e la gente diventa pazza in questa pioggia incessante, pensai, per non togliersi la vita ci vuol davvero una gran forza di volontà. Ma la metà di tutti quelli che vivono qui prima o poi in realtà la vita se la tolgono, non vanno in rovina per conto loro, come si suol dire. Questi non hanno altro che il cattolicesimo o il partito socialista, le due istituzioni più ripugnanti del nostro tempo.

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