roba mia

Esercizi di stile: logo-rallye 4

(parole estratte: abito, danza, postprandiale, ingegno, ovile, schiena, Articles of faith)

Raggiungo l’ufficio in bicicletta, ascoltando gli Articles of faith. Il vento freddo soffia forte, mi taglia la faccia e le mani, ma ci sono abituato.
Sono abituato anche a essere convocato di prima mattina dal capo reparto per qualche suo problema d’ingegno. Quando entro nel suo ufficio, sta già camminando su e giù per la stanza, producendosi in una danza di gesti e parole inconcludenti a cui sono, appunto, abituato. Il suo abito pacchiano svolazza seguendo le braccia grassocce, le labbra sputano saliva oltre che parole inutili e parentesi interminabili.
Quando capisco cosa vuole da me, torno all’ovile e scrivo al referente dell’ultima app acquistata per ottenere, se possibile, un documento tecnico. Ricevo il tutto dopo pranzo, lo giro al capo reparto e torno nel suo ufficio. Quando mi vede entrare, raddrizza la schiena sorpreso. Era ancora nella sua apatica fase postprandiale e non si aspettava di ottenere già un qualche tipo di risultato, così mi ringrazia felice per l’efficienza e la rapidità.

Esercizi di stile: logo-rallye 3

(parole estratte: cinta, gengiva, matrice, logomachia, solenoide, Ebony Web)

Fa freddo e buio, in bici attacco la dinamo (che, per chi non lo sapesse, funziona secondo la legge di Faraday Neumann Lentz applicata a un solenoide) e ascolto gli Ebony Web (che, per chi non lo sapesse, sono un gruppo soul che ha inciso una sola canzone, per una compilation soul del 1996).
Arrivo al lavoro (che, per chi non lo sapesse, è il reparto IT di una grossa azienda locale), dove però non faccio in tempo a togliermi cappotto e cappello e dedicarmi alle mie solite matrici di dati (leggasi fogli Excel) che vengo convocato dal mio capo reparto (che per chi non lo sapesse è una persona che di informatica non sa pressoché nulla, nonostante sia il capo del reparto IT).
Inizia la sua logomachia che non ascolto neanche (per chi non lo sapesse, è anche una persona inconcludente e logorroica), che non servono davvero a comunicarmi un messaggio, ma apparentemente solo a mostrarmi le gengive canine. Come anche il suo camminare su e giù per la stanza e slacciarsi e riallacciarsi la cinta (che, per chi non lo sapesse, è il nome della cintura in sud Italia). Quando alla fine capisco cosa vuole posso ritirarmi nel mio ufficio a far finta di lavorare.
Contatto il referente dell’app di cui mi ha richiesto dettagli e ottengo un documento tecnico dettagliato (che, per chi non lo sapesse, avessi dovuto scriverlo io ci avrei perso delle settimane, non avendo sviluppato in prima persona l’applicazione). Giro il suddetto documento al capo reparto, che così è tutto felice.

Esercizi di stile: logo-rallye 2

(parole estratte: pupillo, gallina, lametta, monte, onicofagia, velo, Radion 6)

Raggiungo l’ufficio in bicicletta, ascoltanto i Radion 6, col freddo che mi taglia la faccia come una lametta.
Non faccio in tempo a togliermi il cappotto, che il capo mi convoca con la sua voce di gallina strozzata. C’è un problema. A meno che non sia stato preso da un attacco di onicofagia, a giudicare dallo stato delle sue unghie c’è un problema grosso. In realtà, il problema più grosso a quanto pare è la sua incapacità di esplicitare il problema. Si rivolge a me come al suo pupillo, ma riconosco la sua ipocrisia e non mi faccio illusioni. Quando riesco a squarciare il velo di parole inutili, comprendo cosa desidera e tiro un sospiro di sollievo.
L’analisi del software in questione sarebbe una grossa bega per me che non l’ho sviluppato, ma basta risolvere il problema a monte: contatto il referente dell’azienda che se n’è occupata e mi faccio mandare tutta la documentazione. Mi basta poi girarla al capo reparto che tuba al telefono interno per ringraziarmi ed elogiare la mia rapidità.

Esercizi di stile: logo-rallye 1

(parole estratte: bubbone, emergenza, imbrunire, crumiro, ripa, torre, Sabicas)

Mi muovo in sella alla mia bicicletta, ascolto i Sabicas, mentre vado in ufficio.
Ma non appena giungo alla torre di vetri nella quale trascorro la maggior parte della mia vita, vengo chiamato da quel crumiro del capo reparto. Lo trovo nel suo ufficio che va su e giù coi piedi storti e le gambe larghe, come un uccello di ripa. Non si capisce bene cosa voglia, ma si capisce che è un’emergenza.
Torno al mio posto di lavoro e contatto il referente per l’ultima app aziendale, esplosa come un bubbone nelle mani incapaci del mio capo reparto. Quelli mi mandano un documento dettagliato che giro al suddetto palmipede, il quale aspetta l’imbrunire per ringraziarmi tutto contento.

Esercizi di stile: surreale

Cammino su trampoli oscenamente lunghi, quando mi trovo davanti a un solido che non rispetta alcuna regola euclidea. Intuisco la sua provenienza professionale ed entro dalla finestra.
All’interno le persone camminano sul soffitto e parlano al contrario. Mi mostro subito indaffarato, pur sempre ascoltando un quadro di Dalì. Roteo le braccia in sensi opposti, ma subito mi si avvicina un cono di cemento con pieghe incredibilmente umane. Lontano un barrito mi riporta i pagliacci al pensiero e corro subito dietro al loro pallone. Purtroppo, rimbalza in ogni direzione e io non so più che gravità rispettare. Il cono di cemento si è fatto teschio e mi insegue, indicando pareti squagliate al suo passaggio. Tutto si scioglie e mi decido a regalargli un orologio senza lancette. Solo allora vomita parole solide che mi preoccupo di restituire a quella bocca gigantesca. Peccato che anche lei navighi all’interno di un volto grande come la mia intera persona. Impiego un po’ a ricomporre i connotati, oltre che le frasi, ma infine mi sembra di aver fatto un buon lavoro, perché il volto gaudente mi indica la via per uscire dal labirinto di panna montata nel quale mi ero cacciato.

Esercizi di stile: apostrofe

O mio ipocrita lettore, mio simile, mio amico, perdonami se cito Guccini (che a sua volta cita altre fonti più letterarie), ma conosci la mia propensione, il mio apprezzamento per il cantautore emiliano. Sai bene anche del freddo col quale combatto ogni mattina per giungere al lavoro in bicicletta, pur di non tardare di un minuto davanti alla timbratrice che ti descrivetti anche tempo addietro.
E allora perché tu, capo reparto borioso, tu mi convochi con tutta urgenza, senza neanche sapere di cosa blaterare, chiedere, ordinare. Perché mi abbai contro, come un cane impotente, facendo richieste insensate per la tua posizione come per la mia. Tu non immagini quanto sia difficile e allo stesso tempo semplice adempire alle tue futili richieste. Non lo immagini perché sorridi felice e mi ringrazi, quando quello stesso pomeriggio ti inoltro un documento come fosse prodotto del mio faticoso lavoro, quando ti sarebbe stato sufficiente l’invio dei una mail, come è stato sufficiente per me.
Perdonami per queste parole dense di livore, ma a volte mi esasperi tu, mio ipocrita datore di lavoro.

Esercizi di stile: pubblicità

Tu, impiegato di infimo livello, tu che raggiungi il lavoro in bicicletta col freddo tutte le mattine e subisci le angherie di un capo indeciso che non sa cosa vuole!
Ci rivolgiamo a te, ultima ruota del carro che ascolti i The Kolors senza saperlo perché sono in tutte le pubblicità della tv e della radio!
Quando il capo la prossima volta ti chiede un documento importantissimo che non sai come redigere anche perché non è il tuo compito, chiama noi anziché l’azienda competente, chiama ***********!
In poche ore riceverai il documento richiesto e potrai girarlo al capo come se fosse opera tua, e prenderti tutte le lodi!
Non aspettare ancora, smetti di lavorare, smetti anche di fare finta!

Esercizi di stile: interrogatorio

– A che ora, nel giorno in oggetto, è arrivato al lavoro?
– Alle otto e zero cinque, credo.
– E come è giunto al suddetto lavoro?
– In bicicletta.
– Faceva freddo?
– Sì, abbastanza.
– Ascoltava musica, in bici?
– Beh, ecco sì.
– E cosa?
– Kavinsky, credo.
– Le dovremmo fare la multa, ma non siamo qui per questo.
– Grazie.
– Aspetti a ringraziarci. Continui a raccontarci la giornata lavorativa.
– Ma niente, mi ha chiamato subito il capo reparto e mi ha chiesto una cosa…
– Non si ricorda le parole esatte?
– No, il capo di solito non è molto preciso nei suoi discorsi, capisce
– Vada avanti.
– Alla fine ho capito che voleva l’analisi scritta e dettagliata di una nuova applicazione web che avevamo comprato.
– Che applicazione web?
[il teste riporta il nome dell’applicazione]
– E lei l’ha fatta questa analisi?
– Ecco, no, capisce, è un lavoraccio di reverse engineering che non ha molto senso, se si può contattare il produttore dell’app.
– E lei l’ha contattato?
– Sì, ho scritto alla [nome della ditta dove lavorava la vittima].
– E le ha risposto la vittima quindi?
– Credo di sì, almeno si è presentato come programmatore referente per questo progetto e…
– E cosa le ha scritto?
– Eh, mi ha mandato l’analisi che voleva il mio capo, l’avevano già fatta loro, ovviamente.
– Cosa è ovvio o no, lo decidiamo noi qui. Cosa le ha scritto esattamente?
– Non ricordo le parole, ma la mail è ancora archiviata nei server aziendali, si può recuperare.
– Lo faremo quanto prima. A che ora le ha risposto?
– Era il primo pomeriggio, dopo la pausa pranzo.
– Non si ricorda l’orario preciso?
– No, mi dispiace, ma anche quello si può recuperare.
– Provvederemo. E cosa ne ha fatto quindi del documento inviatole dalla vittima?
– L’ho girato al capo reparto.
– E qual è stata la sua reazione, del capo reparto?
– Mi ha ringraziato, ecco. Nient’altro.

Esercizi di stile: istruzioni d’uso

Un modo per rendere il proprio capo felice.

Primo passo: ascoltare Brian Eno
Secondo: ascoltare la richiesta fumosa del giorno
Terzo: approfondire per essere sicuri di cosa voglia veramente il capo
Quarto: sperare che sia (come al solito) un compito improponibile ma delegabile
Quinto: delegarlo / richiederlo a chi l’ha già svolto
Sesto: ottenere i risultati
Settimo: girare i risultati al capo
Ottavo: ricevere gli elogi

Esercizi di stile: burocratico

Per arrivare in ufficio devo prima timbrare il cartellino dell’uscita del parcheggio condominiale, per preservarmi il posto al mio ritorno; quando arrivo a quello aziendale estraggo un cartellino identico per dimostrare di avere diritto a un posto per la mia auto anche lì. All’uscita il guardiano mi chiede anche una firma e la carta d’identità, ci tengono alla sicurezza. Ci mette qualche minuto per controllare il database aziendale, ma poi è molto cortese e mi chiede cosa stessi ascoltando in auto. I Killing Joke, rispondo.
Per entrare in ufficio devo esporre il mio cartellino alla porta d’ingresso, poi alla macchinetta, ovviamente, per registrare il mio orario di arrivo. Purtroppo le otto sono passate da un minuto, quindi dovrò compilare il modulo per il ritardo, rigorosamente cartaceo. Non faccio in tempo a scaricarlo dal pc però, perché arriva la postina aziendale (che si occupa solo della posta interna all’azienda) con una lettera per me. La apro ed è il mio capo reparto che mi convoca con urgenza nel suo ufficio.
Vado subito a presentarmi alla sua segretaria e lei mi fa accomodare in sala d’attesa, mentre riempio un altro modulo con le motivazioni della mia visita (anche se l’appuntamento è presente sulla sua agenda ed è stato il capo a convocarmi, bisogna sempre essere ligi al protocollo).
Quando giungo finalmente a colloquio col capo reparto, questo mi fa tutto un discorso vago di documentazioni, diagrammi di flusso, moduli, consegne, questionari, poi mi dice “vedi un po’ tu cosa puoi fare”.
Capisco solo dopo una certa insistenza e qualche pezzo di carta controfirmato che si aspetterebbe da me un’analisi in triplice copia dell’ultima applicazione di archiviazione acquistata (compito normalmente della ditta che ha scritto e venduto il sotware, ma evidentemente qualcuno si è dimenticato di inoltrare la richiesta a suo tempo).
Appena tornato nella mia stanza, cerco di contattare la suddetta ditta di cui siamo clienti, ma prima di tutto il sito mi chiede delle credenziali che non ho. Devo chiederle al mio capo reparto, prenotando un altro appuntamento e ripetendo la procedura. Intanto, studio cosa potrò fare con le suddette credenziali: pare che una volta acceduto all’area clienti del sito, potrò fare richiesta scritta di un referente per i progetti aperti, ma mi occorrerà la firma del firmatario del contratto di acquisto, quindi probabilmente qualcuno del reparto acquisti o forse il presidente in persona. Dovrò fare il giro della dirigenza senza dubbio. E una volta ottenuto il contatto del referente, potrò inoltrare la mia richiesta compilando il modulo adeguato, contrassegnato da non so quali altre firme e marche da bollo. La risposta, non definitiva ma esplorativa, dovrebbe giungere entro sette giorni lavorativi dalla ricezione (non l’invio) della richiesta cartacea.
Per ottenere poi il suddetto documento richiesto dal mio capo invece, la procedura sarà un po’ più lunga. Ammesso che abbia letto tutto correttamente.