Mi inietto in un ciclotunnel con il mio terminal umano e arrivo nel luogo immaginato senza neanche scompormi in pixel. Nelle orecchie mi martella la musica futurista degli Haujobb, proiettandomi nella quinta dimensione.
Un uomo vestito completamente di pelle nera, senza personalità ma con più protesi che pori mi guarda come solo degli occhi artificiali possono guardare. Mi sento a disagio ma solo fino a che la sacca di dopamine nascosta nei miei organi interni non si scioglie per rilasciare il contenuto della droga nel mio organismo. Non capisco cosa voglia da me l’uomo in nero, di cui conosco solo il nome in codice FALSE, ma mi tuffo nel cyberspazio senza pensarci due volte. La droga altera le mie percezioni anche dove di reale non c’è nulla, ma d’altronde cos’è reale lo dicono gli impulsi che arrivano al mio cervello. E il confine fra il mio corpo e l’universo, informatico e non, non è mai stato così labile come ora. Blindspring si manifesta al mio fianco senza che io me ne renda conta e io le parlo come a un essere umano, anziché a un costrutto che forse risiede solo nel retro della mia mente. Mi allaccio a quanti più contatti possibili, digitandomi in ogni riquadro del cyberspazio da me conosciuto. Il riflesso di tutto ciò sulla schifosa realtà dove vivo si riverbera in ogni dispositivo elettronico a portata di mano. Nei vicoli i generatori di emozioni vanno in tilt e le illusioni croniche si trasformano in incubi cibernetici. C’è solo una parola che può salvarmi. La trovo e la riporto all’uomo vestito di nero, al quale nel frattempo sono spuntati altri tre occhi artificiali sul cranio rasato. Impianti illegali costosissimi sulla cui utilità ho grossi dubbi. Rimane impassibile mentre gli consegno quel che mi aveva chiesto, o meglio ordinato, come se io fossi agli ordini di qualcuno e non una variabile aleatoria del grande spazio che separa virtuale e reale. Non gli ho mai sentito pronunciare una parola. Non credo che mi ringrazierà.
roba mia
esercizi di stile: Manenti
Raggiungo l’ufficio con la Skoda, ascoltando gli Skiantos. Fa freddo perché il riscaldamento della Skoda non va.
Scendo e mi tolgo la sciarpa del Parma e subito mi chiedono un documento. Vedi un po’ tu cosa puoi fare. Facile cosí, senza farmi neanche parlare! Inizio domani gli ho detto. Domani arrivo e sistemo tutto. Anche quella documentazione là che mi avete chiesto. Domani ci guardo poi chiamo il programmatore estero. Chiamo chi di dovere. Lo so io chi chiamare. Voi non sapete niente. Se vi dico chi chiamo, poi vediamo chi ride per ultimo poi. Domani ci guardo. Dopodomani al massimo. Tempo due tre giorni ed è tutto sistemato. Al massimo la settimana prossima che in mezzo c’è il fine settimana e magari quello non mi risponde. È in ferie mi hanno detto, ma appena torna… Poi vediamo chi ride. La settimana prossima al massimo, poi lo chiamo. Quella dopo tutto a posto. Entro fine mese. Massimo! Fissiamo una data. Poi vediamo. Ci penso io.
Com’è che si accende questo computer?
esercizi di stile: leghista
Gli zingari! Gli extracomunitari! Gli immigrati di merda!
Roma ladrona! Terroni di merda!
Van De Sfroos!
Aaaargggghh!
esercizi di stile: renziano
Arrivo in bicicletta, per far vedere che sono uno del popolo.
Ascolto Roberto Vecchioni che va bene a tutti.
Poi vado dal capo, un vecchio che mi chiede cose sbagliate, e gli dico facile, ci penso io. Ma non è cattivo, è che è della vecchia guardia, va rottamato. Ci penso io a questa cosa qui. Non ho capito bene a cosa, ma ci penso io. Risolvo tutto entro domani. Risolvo tutto. Faccio tutto. Il fare, mica come voi che non sapete fare. Lo faccio io. #staisereno
esercizi di stile: grillino
È un complotto! Fa troppo freddo per essere aprile! Governo ladro!
Non ascoltate i Metallica che sono satanici e corrotti dai poteri forti! Gli U2 vanno bene!
Arrivo in un ufficio corrotto e io non ci sto! Il capo pensa subito di farla da padrone, ma non è così che funzionano le cose! Potere corrotto! È uno zombie! Gli dico VAFFANCULO. Poi me ne vado sbattendo la porta.
Non è normale! Sveglia!!1!
esercizi di stile: berlusconiano
Mi consenta di dire che sono stato frainteso.
Non era così freddo e non ero in quell’auto blu con due signorine venute nude di loro spontanea volontà, dopo che ho regalato loro dei pezzi di carta della mia banca con sopra delle cifre e la mia firma. E non stavamo ascoltato Gigi D’Alessio.
Vado dal capo, che è un comunista, e voglio che si sappia, che cerca di incastrarmi a tutti i costi. Ce l’hanno con me ed è evidente. Sono evidentemente perseguitato da una dirigenza comunista che non sa neanche scegliere le segretarie, che se le sceglievo io erano più fiche. Mi consenta il termine, ma questi sicuramente non sanno neanche cosa vuol dire fiche. Li guardi, questi comunisti, dove vogliono andare? Il futuro sono io! Viva la figa, forza Italia, forza Berlusconi!
esercizi di stile: c’è, tipo
C’è, tipo è freddissimo, c’è, mi sono kongelato le mani. Almeno ascoltavo i Dari.
Poi il capo tipo, mi dice delle robe, c’è non ci capisco niente. C’è tipo gli kiedo e lui vuole una roba ke boh.
Kiedo ha un tipo, c’è, ne sapeva troppa. C’è tipo ke me la passato sto dokumento e niente. Finito.
C’è tipo, ke storia.
esercizi di stile: positivo
Raggiungo l’ufficio in bicicletta, così faccio un po’ di moto, ascolto i miei gruppi preferiti col mio lettore nuovo: i Beach Boys. Fa freschino, ma anche questo tempra lo spirito.
Mi tolgo cappotto e cappello e subito mi chiama il capo, sono curioso del nuovo compito che avrà da assegnarmi. Mi descrive accuratamente la situazione riguardante una nuova applicazione software comprata dalla nostra azienda.
Gli faccio qualche domanda incuriosito e mi spiega che desidererebbe un’analisi del software in questione. Niente di più facile! Mi basta chiederla al programmatore referente della ditta sviluppatrice. Infatti va così, inoltro il tutto al capo, che mi ringrazia e mi elogia per la rapidità.
esercizi di stile: negativo
Raggiungo l’ufficio del cazzo che non è ancora l’alba, negli auricolari sempre la solita merda, come si fa a dare ancora Britney Spears per radio nel 2015? La bici è sgonfia e fa più freddo del solito.
Non faccio in tempo a togliermi il cappotto che quel rompicoglioni del capo reparto mi chiama. La mena per dieci minuti su una nuova applicazione software che ha comprato, poi mi dice “vedi un po’ tu cosa puoi fare”.
Sto per rispondere male, ma si chiarisce subito. Vuole un’analisi scritta e dettagliata che io non sarò mai in grado di fare (infatti queste cose sono di competenza della ditta che ha scritto e venduto sto software di merda).
Però mi tocca, quindi scrivo al programmatore della ditta, nella (illusoria) speranza che ce l’abbiano loro sto documento. Per una volta nella vita, ho culo ed è proprio così. Mi gira l’analisi e io la giro al capo reparto. Questo mi chiama di nuovo e già mi aspetto altre grane, ma è per ringraziarmi per la rapidità.
Sarebbe quasi una bella giornata, se non fosse una giornata di merda.
esercizi di stile: litoti
Non è mezzogiorno e non fa neanche molto caldo. Non ascolto i soliti gruppi pop che danno alla radio.
Non sono a casa e non faccio in tempo a rilassarmi che il capo mi dice di non stare nel mio ufficio. Non mi spiega bene cosa vuole a proposito di una nuova applicazione software che non ci siamo lasciati sfuggire.
Non ci giro attorno e il capo rinuncia alla sua filippica: non abbiamo il documento di analisi di questo software (ma questo non dovrebbe essere un compito per me, acquirente!).
Non esito a mandare mail, astenendomi da qualunque azione in prima persona. Un programmatore non scortese non tiene per sè il documento, così che io possa evitare di tirare la cosa per le lunghe. Il capo non deve far altro che leggere la posta (non cartacea) e smettere di essere così sgarbato con me.