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I popoli primitivi

I popoli primitivi sono tali non perché il modello culturale che avevano originariamente elaborato fosse barbaro e inservibile (perché anzi si adattava alla situazione per la quale era stato creato), ma perché questo modello non ha saputo evolversi; adagiandovisi staticamente i rappresentanti di quella cultua non sono più stati capaci di interpretarla in tutte le sue possibilità originarie e hanno continuato ad accettare le sue assunzioni originarie come formule vuote, elementi di rituale, tabù inviolabili.

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L’alienazione

L’alienazione costituisce per l’uomo moderno una condizione come la mancanza di gravità per il pilota spaziale: una condizione in cui imparare a muoversi e a individuare le nuove possibilità di autonomia, le direzioni di libertà possibile. Vivere nell’alienazione non vuol dire, peraltro, vivere accettando l’alienazione, ma vivere accettando una serie di rapporti che vengono tuttavia costantemente messi a fuoco da una intentio secunda che ci permetta di vederli in trasparenza, di denunciarne le possibilità paralizzanti; rapporti da agire demistificandoli di continuo, senza che demistificarli voglia dire annullarli.

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Ordine e disordine

Ogni rottura dell’organizzazione banale presuppone un nuovo tipo di organizzazione, che è disordine rispetto all’organizzazione precedente, ma è ordine rispetto a parametri assunti all’interno del nuovo discorso. Tuttavia non possiamo non disconoscere che mentre l’arte classica si attuava contravvenendo all’ordine convenzionale entro limiti ben definiti, l’arte contemporanea manifesta tra le sue caratteristiche essenziali quella di porre continuamente un ordine altamente “improbabile” rispetto a quello da cui si muove. In altre parole, mentre l’arte classica introduceva movenze originali all’interno di un sistema linguistico di cui sostanzialmente rispettava le regole basilari, l’arte contemporanea attua la sua originalità nel porre (talora opera per opera) un nuovo sistema linguistico che ha in sé le sue nuove leggi.

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Un mistero da investigare

Le poetiche della meraviglia, dell’ingegno, della metafora, tendono in fondo, al di là della loro apparenza bizantina, a stabilire questo compito inventivo dell’uomo nuovo, che vede nell’opera d’arte non un oggetto fondato su rapporti palesi da godere come bello, ma un mistero da investigare, un compito da perseguire, uno stimolo alla vivacità dell’immaginazione.

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La poetica dell’opera aperta

La poetica dell’opera “aperta” tende, come dice Pousseur, a promuovere nell’interprete “atti di libertà cosciente”, a porlo come centro attivo di una rete di relazioni inesauribili, tra le quali egli instaura la propria forma, senza essere determinato da una necessità che gli prescrive i modi definitivi dell’organizzazione dell’opera fruita; ma si potrebbe obiettare (…) che qualsiasi opera d’arte, anche se non si consegna materialmente incompiuta, esige una risposta libera ed inventiva, se non altro perché non può venire realmente compresa se l’interprete non la reinventa in un atto di congenialità con l’autore stesso.

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Il lato positivo delle catastrofi

Così, quando Carvalho ricevette il suo cliente e gli spiegò che suo figlio era stato assassinato da un anonimo delinquente che non lo aveva manco scelto come vittima, si sentì costretto a non essere manicheo, anche a rischio di essere catastrofista: “Il bene non esiste ma il male sì”. Il sociologo promise a se stesso, e lo promise anche a Carvalho, di lottare con audacia contro il male. C’è gente che è sempre capace di cogliere il lato positivo delle catastrofi.

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Il significato è soppiantato dalla funzione

Quanto più le idee diventano automatiche e strumentali, tanto meno esse sono viste come pensieri con un significato propio; sono considerate cose. Il linguaggio è diventato uno strumento come gli altri, nel gigantesco apparato di produzione della società moderna. Tutte le frasi che non equivalgano ad operazioni nell’ambito di quell’apparato appaiono al profano tanto prive di senso quanto lo appaiono ai contemporanei teorici della semantica secondo i quali sensata è la frase puramente simbolica e operativa, cioè puramente priva di esnso. Il significato è soppiantato dalla funzione, dall’effetto sul mondo delle cose e dei fatti. Nella misura in cui le parole non vengono usate per calcolare probabilità o per altri fini pratici – fra i quali è compreso anche il riposo, l’evasione – esse si espongono al sospetto di avere fini propagandistici, perché la verità non è più un fine sufficiente a se stesso.

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Delitto e castigo: parte sesta

I: dove Raskol’nikov passa dall’apatia al terror panico
II: dove Porfirij Petrovič scopre le sue carte
III: dove Raskol’nikov cerca Svidrigajlov
IV: dove Svidrigajlov racconta la sua storia (dal suo punto di vista)
V: dove Dunja spara due volte (ma non tre) a Svidrigajlov
VI: dove Svidrigajlov non viene visitato dal fantasma di Marfa Petrovna, ma solo da incubi
VII: dove io, Raskol’nikov, sua madre e sua sorella piangiamo
VIII: dove Raskol’nikov ripete la sua deposizione