Per un secolo i Wittgenstein hanno prodotto armi e macchinari, e poi alla fine, per coronare il tutto, hanno prodotto Ludwig e Paul, il celebre, epocale filosofo e il pazzo, a Vienna almeno altrettanto celebre se non persino più celebre dell’altro, quel pazzo di Paul che era filosofico tanto quanto suo zio Ludwig, come viceversa il filosofo Ludwig era pazzo esattamente come Paul: a uno, Ludwig, era stata la filosofia a dare la celebrità, all’altro, Paul, la pazzia. Uno, Ludwig, era forse più filosofico, l’altro, Paul, era forse più pazzo, ma oserei dire che del più filosofico dei Wittgenstein noi pensiamo che sia stato filosofo perché ha messo nero su bianco la sua filosofia e non la sua pazzia, e dell’altro, di Paul, che sia stato pazzo perché ha represso la sua filosofia e non l’ha resa pubblica per mettere in mostra soltanto la sua pazzia.
[…]
Ludwig Wittgenstein, non meno di Paul Wittgenstein, è sempre stato agli occhi dei suoi familiari un matto patentato di cui gli stranieri, avvezzi da sempre a dare ascolto a ogni dabbenaggine, hanno decretato la grandezza. Con divertita sufficienza e scuotendo il capo essi sostenevano che il mondo si era fatto infinocchiare dal loro matto di famiglia e che gli inglesi lo avevano reso celebre decidendo di punto in bianco che era un gigante dello spirito.
e’ rest
un fuoco di bivacco hi-tech
È dunque facile immaginare le città cablate del futuro non come cornici per il cyberpunk o la world music stile Megatripolis, ma come un fuoco di bivacco hi-tech, persone che si collegano per ricordarsi com’era la vita da scollegati, plasmando il loro isolamento in qualcosa di simile alla comunità.
blu
«Il bambino sa quale colore significhi la parola ‘blu’». Quello che sa qui non è affatto così semplice.
una malignità del mondo
«La malignità degli oggetti». – Un inutile antropomorfismo. Si potrebbe parlare di una malignità del mondo; sarebbe facile immaginare che il mondo, o parte di esso sia opera del diavolo; e non è necessario immaginare un intervento diabolico caso per caso; tutto può avvenire «in conformità con le leggi naturali»; e allora l’intero progetto mira appunto fin dal principio al male. L’uomo però si trova in questo mondo, dove le cose vanno in pezzi, franano, provocano ogni sorta di sciagure. E naturalmente l’uomo stesso è una fra le tante cose.
perché no?
Ed è bene ricordarsi che l’attività onirica non produce solo quei sogni importanti e trasformativi che si leggono nei trattati di psicologia: anzi, vi cresce una folta vegetazione di immagini e situazioni pazze a cui è difficile (e in fin dei conti, inutile e poco divertente) affibbiare un senso compiuto. Di solito i sogni più assurdi facciamo fatica a ricordarli, così come le storie più pazze sembra sempre che non valga la pena di scriverle. Ma in fondo perché no?
un lavoro sporco
L’atteggiamento di Lovecraft non è quello di un romanziere. Quasi tutti i romanzieri immaginano che sia loro dovere dare un’immagine esaustiva della vita. Sono convinti che la loro missione sia quella di gettare “nuova luce”. Ma rispetto ai fatti non hanno altra scelta: sesso, denaro, religione, tecnologia, ideologia, distribuzione della ricchezza… un buon romanziere deve sapere tutto di queste cose. E tutto deve rientrare in una visione approssimativamente coerente del mondo. Il compito, ovviamente, è quasi impossibile per un essere umano, e il risultato quasi sempre deludente. È un lavoro sporco, quello del romanziere.
il sospetto
Così come Kant intendeva porre le basi di una morale valida ‘non solo per l’uomo, ma per ogni creatura ragionevole in generale’, Lovecraft voleva creare una fantasia in grado di terrorizzare ogni creatura dotata di ragione. Kant e Lovecraft hanno d’altronde altri punti in comune; oltre alla magrezza e al gusto per i dolci, c’è il sospetto, più volte formulato, che non siano del tutto umani.
non c’è bisogno
La vita è dolorosa e deludente. Non c’è quindi bisogno di scrivere altri romanzi realisti. Quando si parla di realtà in generale, sappiamo già con cosa abbiamo a che fare e non vogliamo saperne di più. L’umanità, così com’è, ispira solo una lieve curiosità.
[…]
Quando sia ma la vita, non si legge. E non si va nemmeno al cinema. Checché se ne dica, l’accesso al mondo artistico è più o meno riservato a chi, della vita, ne è un po’ stufo.
ogni bambino impegnato nel gioco
Dobbiamo provare a cercare le prime tracce dell’attività poetica già nel bambino? L’occupazione preferita e più intensa del bambino è il gioco. Forse si può dire che ogni bambino impegnato nel gioco si comporta come un poeta: in quanto si costruisce un suo proprio mondo o, meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del mondo. Avremmo torto se pensassimo che il bambino non prenda sul serio un tale mondo; egli prende anzi molto sul serio il suo gioco e vi impegna notevoli ammontari affettivi.
il mondo non è solo una somma delle cose che contiene
Giocare con le parole significa semplicemente esaminare i meccanismi della mente, rispecchiare una particella del mondo così come la mente la percepisce. Analogamente, il mondo non è solo una somma delle cose che contiene. È la rete infinitamente complessa dei rapporti che la collegano. Come per i significati delle parole, le cose acquistano un senso solo mettendosi in relazione reciproca. «Due visi somiglianti, — scrive Pascal, — nessuno dei quali da solo fa ridere, fanno ridere insieme per la loro somiglianza».