e’ rest

come galletti in un pollaio

Breton riassumeva tale sistemazione presso la Casa dei cosmonauti dicendo che là dentro stavamo beati come galletti in un pollaio. Non riuscivo davvero ad associarmi a tale apprezzamento, un po’ troppo entusiasta, a mio parare. Gli ricordavo infatti che i galletti in question erano destinati a finire infornati in crosta, e poi mangiati. Lui stava a sentire la mia obiezione, ma siccome era talvolta attraversato da lampi di cupo ottimismo, insisteva: «Beh, alla fin fine potemo sempre nasconderci sotto al crosta e non farci trovare».

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all strangers to me

People are strangers to me. People I don’t know have habits that are nothing like my habits. These habits surprise me and yet they don’t surprise other people: they are taken completely for granted. Someone belongs to the Hunt Club. Someone else is fond of Dubonnet before dinner and always knows when it is time for a drink. These people are not like me and they are not really like each other, although they seem to me more like each other than like me just because they have in common the fact that they are all strangers to me.

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the whole game

It is enough for them to agree with one another just enough to keep their disagreement alive, which is what they live for… Besides, the whole game is to pretend to be ignorant of what you know and to know what you are ignorant of.

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il segreto

Questo gusto per ingombrare il tavolo dove lavoro di libri, fotografie, immagini, scatole, cianfrusaglie, penne e colori è un po’ come il mio gusto nel mangiare.
Tanto: assaggiando tutto, abbuffando la retina di segnali colorati.
La quantità, l’accumulazione di oggetti – segni diversi, non smette di affascinarmi, mi sembra nasconda un grande segreto.
Il fatto che questo segreto non ci sia, ma che sia solo il dato estetico della confusione ad attrarmi, non fa che alimentare il segreto.

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non fa nessuna differenza

È chiaro che desidero attenzione, ma non posso fare a meno di detestarmi per darmi da fare e mostrare il mio ego in giro per il mondo. Da qualche parte nella mia testa c’è la voce di un minuscolo vecchio presbiteriano scozzese che dice: “Non dovresti parlare di te in pubblico… è disdicevole.” In fin dei conti, so che comunque non fa nessuna differenza: troverei qualche motivo per essere disgustato dal mio comportamento.

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il gioco può includere benissimo la serietà

Se, lasciando da parte il problema linguistico, consideriamo più da vicino la coppia di concetti “gioco-serietà”, ci risulta che i due termini non sono equivalenti. “Gioco” è il termine positivo, “serietà” il termine negativo. Il contenuto semantico di “serietà” è definitio ed esaurito con la negazione del gioco: “serietà” è non-gioco, e nient’altro. Il contenuto semantico di “gioco” invece non è affatto circoscritto né esaurito dalla non-serietà. “Gioco” è una cosa a sè. Il concetto “gioco” come tale è d’un ordine superiore a quello di serietà. Perché la “serietà” cerca di escludere il “gioco”, ma il “gioco” può includere benissimo la serietà.

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