GIORNO 4 – LE SPIAGGE E LE ACQUE DELL’OCEANO
I viaggiatori si sono alzati e preparati senza troppi indugi questa mattina, decisi a sentire sulla propria pelle il tocco delle acque dell’Oceano Atlantico, ovviamente dopo aver salutato il vecchio del residencial e consumato un’ottima colazione al bar pasticceria più vicino.
Prima di raggiungere Figueira da Foz, i viaggiatori si fermeranno brevemente a Montemor-o-velho, o meglio al suo imponente castello, torreggiante sulla strada statale. La fortificazione è una delle più grandi del Portogallo e merita quantomeno una visita veloce, che verrà condita con la presenza di un matrimonio nella piccola chiesa al centro, di cui i viaggiatori assisteranno ad uno dei momenti clou, ovvero l’arrivo della sposa.
Figueira da Foz è una meta marittima gradita anche ai portoghesi a quanto è dato sapere e per quanto sono riusciti a comprendere i viaggiatori dai discorsi del gestore del residencial. La cosa che caratterizza questa città marittima, però, non è solo l’acqua dell’oceano o la foce del fiume Mondego (i viaggiatori stanno scoprendo ciò che è ovvio, ovvero che tutte le principali città marittime del Portogallo sono costruite attorno a foci di fiumi di dimensioni ragguardevoli). A impressionare i viaggiatori infatti, non appena lasciata l’automobile sul lungomare, è la distanza che li separa dal mare, o per meglio dire dall’oceano: un deserto sterminato di sabbia integrale, così prendono a chiamare la sabbia portoghese i due viaggiatori, per la sua grana grossa, tanto comoda da scrollare da teli e vestiti quanto scomoda come terreno per camminare. La lunghezza delle spiagge di Figueira da Foz è abbastanza sconcertante, sia per la visione della passerella che sembra non terminare mai, e quando termina inizia una spiaggia della lunghezza paragonabile a quelle romagnole, sia per l’estensione generale di quello che appare come un deserto a tutti gli effetti, rinchiuso fra i grattacieli oltre il lungomare e un oceano che sembra sempre un po’ troppo lontano. Alcuni esempi della lunghezza della passerella possono essere le bici parcheggiate all’inizio e che paiono essere usate anche per raggiungere l’acqua, le panchine a metà strada o il baracchino che offre cibo e bevande più vicino al mare che alla strada, ma comunque a diverse centinaia di metri da entrambi. Il narratore è in grado ora di dire con precisione che la spiaggia di Figueira da Foz è la più grande del Portogallo e misura in lunghezza circa 600 metri.
Una volta percorsa la passerella per tutta la sua lunghezza, i viaggiatori sprovvisti di teli e attrezzatura da mare, tentennano un po’, timorosi delle temperature e della violenza dell’oceano. Non ci sono molte persone in acqua infatti, per quanto qualche intrepido stia facendo un bagno canonico, come non si abbattessero sulla riva numerose e rabbiose onde di un metro o poco più. Non tanto l’altezza, quanto la violenza, scoraggiano un poco i bagnanti, ma i viaggiatori non si fanno intimidire più di tanto e si dirigono fiduciosi verso il lungo bagnasciuga dove le onde si infrangono e risalgono veloci la spiaggia granulosa, per poi riportare con sé avaramente metri e metri di sabbia.
Le acque dell’oceano si rivelano gelide, come previsto, e la forza delle onde è davvero impressionante, sia in un senso che nell’altro, anche se mai supereranno il metro e mezzo in presenza dei viaggiatori. Dopo qualche esitazione ancora, uno dei due viaggiatori rompe gli indugi e, armato di coraggio e un po’ di incoscienza, si getta fra le fauci delle onde, tentando perfino qualche bracciata mal riuscita, sia per la difficoltà circostanziale che per l’incapacità del viaggiatore stesso, il quale scopre inoltre un pericoloso gradino del terreno poco lontano. Preferendo non arrischiarsi in acque un po’ troppo alte per le proprie abilità di nuotatore, e soprattutto di galleggiatore, il viaggiatore torna verso riva, sospinto da onde su onde che finiscono per scaraventarlo sulla spiaggia, ai piedi del compagno di viaggio. Il secondo viaggiatore si convince e segue il primo in un tuffo rapido, ma non indolore. Le acque gelide non lo convincono e il secondo viaggiatore si ritira rapidamente dall’oceano, mentre il primo rimane a farsi trascinare e sbatacchiare qua e là da quell’oceano che non pare neanche alterato, ma semplicemente non paragonabile alle placide acque di un piccolo mare come il Mediterraneo. I tentativi di tuffi fra le onde falliscono a più riprese e infine anche il viaggiatore più intrepido si ritira quando si accorge di non sentire più i piedi e avere le mani completamente viola. Per fortuna, la circolazione riprenderà di lì a poco.
I viaggiatori si dirigono dunque, nel tentativo di asciugarsi ad un sole non troppo presente, al baracchino citato precedentemente. Il suddetto offre cibo e soprattutto la famosa francesinha, più volte rimirata da tabelloni vari, esposti fuori dai bar, ma mai provata. I viaggiatori, che oltre all’oceano non temono neanche le gastronomie diverse dalla propria, ordinano questo piatto tipico per due, pensando di fare uno spuntino con un qualche toast o qualcosa di simile, ipotizzando che il nome del piatto derivi dal french toast.
Ecco, il nome del piatto potrebbe anche derivare dal french toast, ma la francesinha non è certo per uno spuntino, tanto che costituirà il pranzo per entrambi i viaggiatori. Si presenta dunque come un grande toast ripieno di qualunque tipo di carne venga in mente ai due inconsapevoli avventori, ricoperto di formaggio fuso e un uovo al tegamino, il tutto adagiato in un letto di patatine fritte.
Ingerita, ma non smaltita, la francesinha, i due viaggiatori riprendono il loro viaggio, alla volta di Batalha.
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