GIORNO 3 – BUSSACO
La Serra do Buçaco è una catena montuosa vicino a Coimbra, la cui foresta è un’area protetta e famosa per i riferimenti letterari e non portoghesi, ospitante varietà vegetali da tutto il mondo, per quanto i più celebri siano i cedri che prendono il nome proprio da questa terra. Quasi alla sommità della foresta, cintata da un basso muro di pietra, si trova il Palace Hotel, un lussuoso hotel costruito esattamente al posto del Convento de Santa Cruz do Buçaco, demolito quasi due secoli fa.
I viaggiatori raggiungono i limiti della foresta tramite vie impervie e sconosciute, dopodiché, parcheggiata l’automobile, si inoltrano per i sentieri più erti e meno battuti, più per caso che per spirito dell’avventura, ma il risultato è ad ogni modo quanto desiderato, quantomeno da uno dei due viaggiatori. L’altro viaggiatore non è troppo convinto dalla strada percorsa e dalla fatica, ma infine deve ricredersi quando i due arrivano alla base del lussuoso e bizzarro hotel, circondato da facoltosi turisti americani sorseggianti vino e ricchezza, giunti fino a lì tramite le proprie grosse automobili, lungo il largo percorso lastricato. I viaggiatori sono stanchi, ma anche orgogliosi di non aver inquinato almeno loro questa foresta deturpata dagli uomini troppo danarosi, categoria alla quale sicuramente i due viaggiatori non appartengono.
Scendendo dal monte, i viaggiatori incontrano anche un piccolo spazio dedicato a turisti evidentemente meno abbienti degli ospiti del Palace Hotel, un’area adibita a parcheggio per camper e campeggiatori, perlopiù francesi di una certa età, intenti nello sport per la terza età più diffuso evidentemente non solo in Italia: le bocce.
GIORNO 3 – COIMBRA, CIBO E MUSICA
La sera, i due viaggiatori sono rientrati a Coimbra e, dopo una doverosa doccia, sono tornati ancora una volta nel centro storico per cenare in un piccolo locale di una piccola via decorata con una serie di variopinti ombrellini ricamati a mano, appesi come luminarie fra una casa e l’altra, al di sopra degli incuriositi viaggiatori. Il localino offre poco spazio, ma molto ristoro. Le tapas, perché di questo si sta parlando, sono davvero ottime e gustose, ed il vino che fa loro compagnia non è da meno. Inutile parlare della spesa dato che, a parte la brutta sorpresa della prima sera, in Portogallo i due viaggiatori impareranno a rimanere solo che piacevolmente colpiti dai conti dei ristoranti.
Al ritorno, i due viaggiatori si fermano un poco lungo la scalinata già percorsa in discesa, venendo dall’università, quella mattina. I gradini sono pieni di persone sedute o accostate ai muri che ascoltano, e così fanno anche i viaggiatori, soddisfatti come non mai da un paese tanto ospitale da offrire loro, come degna conclusione di una magnifica giornata, un concertino jazz improvvisato nelle strade di una città tanto piccola quanto antica, tanto ripida quanto splendida.
GIORNO 3 – RIFLESSIONE SULLE LINGUE
Durante la cena, una gentilissima cameriera si è offerta di spiegare i menù quando necessari, e di farlo in inglese quando necessario. A questo punto del loro (breve) viaggio, i due viaggiatori hanno compreso che il Portogallo non è la Spagna, per tutta una serie di motivi, non ultimo la conoscenza diffusa e di discreto livello dell’inglese, che supera anche il non certo alto livello in Italia.
I viaggiatori si trovano tuttavia, e si troveranno per tutto il viaggio, un poco imbarazzati a parlare in inglese con i possessori di una lingua così simile alla propria da essere spesso comprensibile senza alcun bisogno di traduzione. Parlare portoghese, tuttavia, risulterà un’impresa fin troppo ardua, nonostante in due collezionino la conoscenza di ben cinque lingue. In realtà ne colleziona quattro in ottimo stato solo uno dei due viaggiatori, così che l’apporto del secondo sia marginale, ma dato che il narratore è di parte persisterà nel contare cinque lingue in due.
I viaggiatori si accorgeranno poi di quanto manca loro una lingua totalmente comprensibile per la conversazione proprio a Coimbra, quando dovranno parlare ancora una volta con il vecchio (oramai lo si è definito così una volta e il narratore spera che non se ne abbia a male dell’etichetta che gli è stata affibbiata, data la totale assenza di cattiveria) del residencial, il quale, come un po’ tutti gli ospiti portoghesi, ama chiacchierare con i propri clienti.
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