Berlinale 68 – parte 2
La Prière – Cédric Kahn (Competition)
Non ho capito cosa ci faccia un film del genere alla Berlinale, tanto meno in competizione.
Si seguono le vicende di un giovane tossico all’interno di una comunità rehab religiosa nel nord della Francia, fino a una chiamata dall’alto non molto convinta e un finale che più stucchevole non si può. Prevedibile in ogni suo passaggio, il film tocca una serie di temi potenzialmente profondi (comunità, religione, dipendenze), tutti con una superficialità incredibile; persino la storiella d’amore buttata lì e mai veramente sviluppata, giusto per tornare come chiusura finale di lui che anziché andare in seminario va in Spagna dalla sua bella. Boh. Ho pensato per tutto il tempo a San Patrignano.
Je vois rouge – Bojina Panayotova (Panorama)
Documentario di una ragazza bulgara, emigrata in Francia da piccola con la famiglia, che torna in Bulgaria per vari motivi, fra i quali la volontà di indagare sul passato dei nonni, probabili agenti della Nomenklatura. Dopo la caduta del regime, è stato reso pubblico un archivio di fascicoli riguardanti le spie e/o le persone spiate. Il film segue l’indagine stessa (per accedere all’archivio bisogna ottenere il consenso della persona in questione, la quale però (nelle vesti della nonna o dei genitori, separati) spesso non ne vuole sapere), durante la quale chiunque (persino l’istruttore di scuola guida) cerca di dissuadere la giovane dal continuare la sua ricerca. Incidentalmente, nei discorsi di famiglia emergono nomi di ex-capi di regime che ovviamente si sono riciclati e sono ancora al governo o in posti di potere per vie più o meno mafiose, come d’altronde è successo in buona parte del gruppo sovietico, ma la cosa più sorprendente è che, anziché trovare dettagli sui nonni, la giovane Bojina scopre che la madre (a suo tempo interprete del partito) era un’agente inconsapevole (reclutata a sua insaputa da un vero agente, il quale la usava come informatrice). La cosa destabilizza molto il rapporto stesso della ragazza coi genitori (già non contentissimi che si andasse a scavare nel passato) fino a far temporaneamente abortire il film stesso, per decisione della madre, la quale rifiuta di diffondere queste notizie sul proprio conto. Solo a distanza di tempo (un anno, credo) madre e figlia si riavvicinano e la prima acconsente al completamento e alla distribuzione del film, tanto che ieri alla prima mondiale c’era tutta la famiglia riunita.
Infatti nel Q&A ci ha pensato bene il padre (si era già intuito il personaggione anche dal doc) a smerdare la figlia davanti a tutta la platea, dicendo cose persino scontate (la figlia costruisce una narrazione nel film, ma la realtà è molto più sfaccettata e lui non vendeva i suoi dipinti solo ai mafiosi ex-comunisti ma anche ai politici della Germania dell’Ovest e insomma lui non ci sta a farci una brutta figura un po’ shady etc etc) ma che ovviamente non hanno fatto molto piacere alla figlia/regista. Per (s)fortuna non l dramma famigliare è rimasto solo sullo schermo.
La terra dell’abbastanza – Fratelli D’Innocenzo (Panorama)
Anche per questi due fratelli (gemelli) opera prima, ma ottimo film. Tesissimo, durissimo, romanissimo. La storia in realtà è molto classica e si accoda al filone (che mi sembra esistere) sul disagio e la corruzione della provincia italiana e in particolare romana, con storie di gioventù e malavita che ovviamente finiscono male, ma questa volta c’è anche un discorso (e una continua interrogazione) che percorre tutto il film su colpa e responsabilità, a partire dai primi minuti (l’intero intreccio parte dai due giovani che investono un uomo in macchina per sbaglio e tirano dritto).
L’orrore della periferia (dell’anima, come dicono i registi) emerge da ogni inquadratura (sempre più vicina, come a cercare di capire cosa passa per la testa dei due ragazzi, mentre percorrono una spirale discendente tanto banale quanto oscena e terrificante). Film retto da ottime prove attoriali, sia per quanto riguarda i giovani protagonisti che i nomi noti (Zingaretti e Tortora in controparte funzionano benissimo). Film di genere riuscito e vincente, come raramente se ne vedono al festival.
Fa piacere anche cogliere le sfumature prettamente territoriali, sia sullo schermo che durante il Q&A, dove i due gemelli fanno impazzire il presentatore tedesco, incasinandogli ongi possibile risposta/commento/volontà, a partire dal ruolo e dalla posizione dell’interprete (lei brava a tradurre dal romanesco anzichè dall’italiano).
Yocho (Foreboding) – Kiyoshi Kurosawa (Panorama)
Film horror-fantascientifico sulla falsa riga dei capostipiti anni ’50 (Bodysnatchers e tutti i cliché del caso) che sfrutta il genere per fare una (facile) critica alla società giapponese moderna (la perdita dei concetti di Famiglia, Amore, etc – rubati dagli alieni (ebbene sì)), come d’altronde facevano anche i suoi predecessori.
Parte anche bene con un’inquietudine sottile, ma poi dura troppo e ok minimalista e poco/niente effetti speciali, ma la comicità involontaria è dietro l’angolo, sia per lo sviluppo della storia sia per le scene in cui il piccolo Riccardino Fuffolo impone le mani e la gente cade. La regia televisiva si spiega nel suo essere un adattamento da una mini serie tv (l’avessi saputo prima) mentre l’idea di fondo quella rimane, per tutta la durata (2h20) del film. L’invasione aliena è sempre lì da venire, mentre gli uomini sono sempre in attesa della fine del mondo da un momento all’altro, sentimento sicuramente molto contemporaneo, ma sinceramente l’idea mi sembra migliore sulla carta che sullo schermo (oltre a non essere propriamente originale, ma quello non è certo un problema).
Sempre sul filo del ridicolo, ma mi piace il monologo finale dell’alieno che solo di fronte all’inevitabilità della morte fisica, capisce anche il terrore degli uomini davanti alla fine e la loro lotta per la sopravvivenza.