8. Fuori da Manhattan c’è molto, ma non possiamo vedere tutto.
8a. Brooklyn: ci andiamo un paio di volte, entrambe segnate dalle nuvole e da un vento fresco tanto che rimaniamo nella convinzione che sia il clima di Brooklyn ad essere diverso da quello di Manhattan (ovviamente no). Sembra più vivibile di Manhattan, con più verde (anche l’enorme Greenwood Cemetary) e case più basse, ma purtroppo non incontro Paul Auster, e si può chiudere qui.
8b. Queens: non era previsto, ma andiamo alla ricerca del negozio stock della Nike (per chiodate da triplo che poi non trovo, incredibile come a New York NESSUNO venda chiodate specialistiche). Il fatto è che quando usciamo al capolinea Main Street-Flushing siamo arrivati in Giappone, Korea, o chissà dove. Le insegne per strada, dei negozi, nei ristoranti, tutto è in giapponese (o insomma, ideogrammi, potrebbe anche essere cinese, chi lo sa). Siamo gli unici non-asiatici a vista d’uomo, e l’area è affollatissima. Dopo aver visto il Queens, Chinatown nel Downtown non ha nessun senso. Nei marciapiedi scorrono folle di jappi, folle di jappi che aspettano in fila per un gelato gratis, folle di jappi che vanno al centro commerciale dove dobbiamo andare anche noi. Sempre dentro al centro commerciale troviamo anche un supermercato asiatico, dove sulle confezioni non c’è neanche la traduzione in inglese e soprattutto sono esposte cose che voi umani…la cosa che ci sconvolge di più (oltre alla brandizzazione onnipresente di Hello Kitty e il polipo essiccato) sono i banchi di pesce sotto ai quali ci sono vasche di mezzo metro con dentro decine di pesci enormi e vivi; oltre, dalla parte dei clienti, campeggiano anche vasche di plastica da muratore piene d’acqua e anguille di un metro vive che si attorcigliano l’una sull’altra alla ricerca di un po’ di spazio vitale.
Non osiamo soffermarci troppo o fare foto, per non finire in pasto alle suddette anguille.