Ogni volta che progetto, avverto la tragicità della condizione in cui sono, senza poterne uscire: ma tuttavia progetto proprio perché a questa tragicità oppongo la possibilità di una positività, che è il mutamento di ciò che è, che io attuo nel protendermi verso il futuro. Progetto, libertà e condizione si articolano dunque mentre io avverto questa connessione di strutture del mio agire secondo una dimensione di responsabilità. Questo Husserl avverte quando dice che in questo essere “diretto” dell’io verso scopi possibili si stabilice come una “teleologia ideale” e che “il futuro come ‘avere’ possibile rispetto alla futurità originaria in cui già sempre sono è la prefigurazione universale dello scopo della vita”.
In altri termini dunque l’essere io situato in una dimensione temporale fa sì che avverta la gravità e la difficoltà delle me decisioni, ma che avverta in pari tempo il fatto che devo decidere, che sono io a dover decidere e che questo mio decidere si collega a una serie indefinita di dover-decidere che coinvolge tutti gli altri uomini.
[Umberto Eco, Apocalittici e integrati, 1964]
ma anche:
Io sono il mio futuro nella continua prospettiva della possibilità di non esserlo. Di qui l’angoscia che abbiamo descritto prima e che proviene dal detto che non sono abbastanza quel futuro che devo essere e che dà senso al mio presente; io sono un essere il cui senso è sempre problematico.
[Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, 1943]