è abbastanza per me

[…] tutta la scrittura dell’autore deve all’incontro con Thomas Bernhard, avvenuto nei mesi appena successivi all’entrata in scena del quaderno austriaco, almeno quanto deve a quello con Samuel B. Beckett, avvenuto molti anni prima, che non è inferiore a quello con Francis Bacon, risalente a quello con Beckett; laddove il primo gli ha insegnato che si può benissimo fare a meno dell’odiato cosiddetto discorso diretto, nonché della descrizione; il secondo, oltre a confermare l’impressione di essere nel giusto rinunciando, come abbiamo rinunciato, al discorso diretto, dato che esiste solo il monologo, non è altresì strettamente necessario rinunciare anche alla descrizione, a patto di essere pittorici e mai, ripeto mai didascalici; il terzo, che la pittura, così come la drammaturgia, non è mai narrativa, né tantomeno illustrazione e/o decorazione. Su che cosa effettivamente sia la scrittura, narrativa e/o drammaturgica, e la pittura, questa è un’altra di quelle cose di cui chi scrive deve tacere. Ma non è già molto sapere che cosa non è? Credo di sì, o almeno è abbastanza per me.


[Vitaliano Trevisan, da qui]