Era dunque capitato piuttosto spesso che la persona più semplice e banale del mondo davanti alla sua tazza di caffè portasse il nostro discorso su Schopenhauer, così come una volta accadde, ed è soltanto un esempio, che una signora accompagnata da un nipotino screanzato, divorando a grandi tocchi il suo Strudel di mele sotto il ritratto dell’Arciduca, fece in modo che i pazzi e i buffoni di corte di Velàzquez al Prado diventassero il fulcro di una nostra conversazione che tra una cosa e l’altra si protrasse poi per diverse ore. Un ombrello caduto per terra non solo poteva portare il nostro discorso, come a chiunque vien fatto di pensare, su Chamberlain, ma perfino sul presidente Roosevelt, e un qualsiasi passante che vedevamo per la strada con un piccolo pechinese al guinzaglio sulla vita straordinariamente dispendiosa dei maragià indiani, e così di seguito.
[Thomas Bernhard, Il nipote di Wittgenstein (Wittgensteins Neffe)
trad. Renata Colorni, Adelphi 1989, p. 92]