Per un secolo i Wittgenstein hanno prodotto armi e macchinari, e poi alla fine, per coronare il tutto, hanno prodotto Ludwig e Paul, il celebre, epocale filosofo e il pazzo, a Vienna almeno altrettanto celebre se non persino più celebre dell’altro, quel pazzo di Paul che era filosofico tanto quanto suo zio Ludwig, come viceversa il filosofo Ludwig era pazzo esattamente come Paul: a uno, Ludwig, era stata la filosofia a dare la celebrità, all’altro, Paul, la pazzia. Uno, Ludwig, era forse più filosofico, l’altro, Paul, era forse più pazzo, ma oserei dire che del più filosofico dei Wittgenstein noi pensiamo che sia stato filosofo perché ha messo nero su bianco la sua filosofia e non la sua pazzia, e dell’altro, di Paul, che sia stato pazzo perché ha represso la sua filosofia e non l’ha resa pubblica per mettere in mostra soltanto la sua pazzia.
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Ludwig Wittgenstein, non meno di Paul Wittgenstein, è sempre stato agli occhi dei suoi familiari un matto patentato di cui gli stranieri, avvezzi da sempre a dare ascolto a ogni dabbenaggine, hanno decretato la grandezza. Con divertita sufficienza e scuotendo il capo essi sostenevano che il mondo si era fatto infinocchiare dal loro matto di famiglia e che gli inglesi lo avevano reso celebre decidendo di punto in bianco che era un gigante dello spirito.
[Thomas Bernhard, Il nipote di Wittgenstein (Wittgensteins Neffe)
trad. Renata Colorni, Adelphi 1989, pp. 36, 78]