Lui aspettò un momento prima di dire: «Trovo un po’ sciocco che tu ti riempia la testa di tutta questa spazzatura macabra. Comprati una rivista di cinema e tranquillizzati».
«Potrò avere tutte le riviste di cinema che voglio» insistette lei. «Le metropolitane crolleranno, sa, e le edicole resteranno schiacciate. Si potranno prendere tutte le barrette di cioccolato che si vuole, e le riviste, e i rossetti e i fiori finti da due soldi, e i vestiti dei grandi magazzini sparsi per le strade. E le pellicce».
«Spero che si rompano le vetrine dei negozi di liquori», disse lui, cominciando a spazientirsi. «Entrerei, uscirei con una cassa di brandy e non mi preoccuperei più di niente».
«I palazzi di uffici saranno cumuli di macerie» proseguì la ragazza, sempre guardandolo con quei grandi occhi enfatici. «Peccato non sapere di preciso quando succederà».
«Certo» disse lui. «Me ne andrö insieme agli altri. Certo».
«Le cose saranno diverse, dopo» disse la ragayya. «Tutto ciö che rende il mondo così com’è oggi non ci sarà più. Avremo nuove regole e nuovi stili di vita. Forse una legge vieterà di vivere nelle case, così nessuno potrà nascondersi».
«Forse una legge obbligherà tutte le diciassettenni a rimanere a scuola a imparare il buonsenso» disse lui, alzandosi.
«Non ci saranno le scuole» disse lei in tono piatto. «Nessuno imparerà niente. Per non tornare al punto in cui siamo adesso».
[Shirley Jackson, L’ubriaco (The Intoxicated), 1949,
da La strega, Adelphi 2023, pp. 24-25, trad. Silvia Pareschi]