Progettare oggetti per la capacità operativa della macchina, invece di progettare macchine per la produzione di certi oggetti, potrebbe essere l’esatto capovolgimento del rapporto tra mezzi e fini, se queste categorie hanno ancora qualche significato. Ma anche il fine più generale, la liberazione della forza-lavoro umana, che era solitamente attribuita alle macchine, è oggi ritenuto come uno scopo secondario e obsoleto, inadeguato e perfino di ostacoli ai “potenziali e sbalorditivi aumenti di efficienza” che vorrebbe limitare.
[Hannah Arendt, Vita activa (The Human Condition), 1958
trad. Sergio Finzi, Bompiani 1964, p. 108]