Può darsi che noi, che siamo creature legate alla terra e abbiamo cominciato a comportarci come se l’universo fosse la nostra dimora, non riusciremo mai a comprendere, cioè a pensare e a esprimere, le cose che pure siamo capaci di fare. Sarebbe come se il nostro cervello, che costituisce la condizione fisica, materiale dei nostri pensieri, fosse incapace di seguirci in ciò che facciamo, tanto da render necessario in futuro il ricorso a macchine artificiali per produrre i nostri pensieri e le nostre parole. Se la conoscenza (nel senso moderno di know-how, di competenza tecnica) si separasse irreparabilmente dal pensiero, allora diventeremmo esseri senza speranza, schiavi non tanto delle nostre macchine quanto della nostra competenza, creature prive di pensiero alla mercé di ogni dispositivo tecnicamente possibile, per quanto micidiale.
[Hannah Arendt, Vita activa (The Human Condition), 1958
trad. Sergio Finzi, Bompiani 1964, p. 3]