T


T. è stato il mio primo vero lutto extra-famigliare. Aveva più di sessant’anni ma la sua scomparsa è stata più che inaspettata, e per questo un vero lutto. Anche se io non lo vedevo più quotidianamente come un tempo, o proprio perché la lontananza mi fa sempre illudere che là rimanga tutto uguale senza che passi il tempo mentre non ci sono, è stato un trauma più grande del previsto. Che fosse un maestro di vita, oltre che di sport, si sapeva ed è quasi inutile ribadirlo, come è quasi inevitabile in ambienti raccolti come quelli atletici in Italia. La sua presenza non poteva passare inosservata a qualunque fruitore del campo; padre, fratello, zio, forse anche nonno per le ultime generazioni. Ma un nonno che fa panca e gira in mountain bike.
Ed è così difficile dimenticare le sue espressioni tipiche, verbali e non, i suoi gesti, i suoi tormentoni, le sue linee guida atletiche e morali, persino il suo abbigliamento sportivo che io ricordo e ormai ricorderò sempre consistere in un paio di calzoni della tuta e in una polo verde coi bottoni slacciati, orologio sportivo al polso e cronometro in mano, sempre. Come ricorderò i baffi, l’espressione accigliata, il sorriso a mezza bocca, l’alzare la gamba per appoggiarla alla panca, il rigirarsi i peli del petto mentre ascoltava, la mano alta pronta per la canonica pacca sulla schiena, la risata a bocca aperta e quella, letteralmente, sotto i baffi, e ancora, mentre scrivo, faccio fatica a credere, a concepire, che tutto questo non c’è e non ci sarà più. Ma non è tutto qui, non sono solo istantanee, immagini indelebili, movimenti e abbigliamenti, non è neanche il viso di T., così caratteristico da essere rimasto identico da quando lo conosco (e sono ormai quindici anni abbondanti). Perché ogni volta che farò ostacoli, o anche solo stretching, non potrò non ripensare a lui. Ogni volta che farò atletica in generale, o che tornerò al campo, ogni volta che anche solo penserò all’atletica o la guarderò in tv, e vedrò un quattrocentista sfinito tagliare la linea del traguardo. E sì, in quel momento sentirò la sua voce e le sue parole. Per definire quanto sia stato importante per me (e non solo) posso dire che T. non ha solo plasmato il mio fisico, ma anche il mio lessico. E così, ogni volta che nella mia vita dirò, anche istintivamente, Porco demonio o Via via via hop, ricorderò T.