Non ho tempo/voglia di scrivere qualcosa di più articolato sui tre giorni praghesi, quindi vado di cose sparse che mi piace anche di più.
Primo giorno e prima accoglienza nella metro di Praga è stata un vecchio addormentato nel nostro vagone, letteralmente ricoperto di pulci (o almeno credo fossero pulci). Quando mi sono accorto che quei puntini si muovevano ci sono rimasto male.
La casa-museo di Kafka, che mi ha ricordato quanto sia impervia la vita di uno scrittore e quanto poco abbia a che fare con l’editoria. Fra le altre cose, qui ho scoperto che Praga deriva etimologicamente dalla parola ceca práh, che vuol dire soglia. Bello anche l’allestimento dell’edificio, corredato di fotografie e originali, in un’ambientazione che oscillava fra la casa degli orrori e la sede centrale della Sparkasse. Perfetta direi.
Per puro caso la nostra piccola vacanza è coincisa con gli ultimi giorni del Signal Festival 2015, per cui abbiamo visto installazioni di luci e suoni più o meno interessanti (e in odore di Gogbot), fra le quali: arte classica polimerizzata, girini di luce che nuotano nei boschi, reti cangianti sospese sulla piazza, cubi fosforescenti e psichedelici, spettacoli di decostruzione luminosa di un edificio.
Abbiamo pernottato in un hotel a 4 stelle con tanto di spa e colazione a buffet, sfruttando il cambio vantaggioso. I letti comodi, la vasca e la camera spaziosa ci hanno quasi sorpreso. Non ci siamo più(?) abituati.
Abbiamo approfittato della cucina e della birra ceca, nonostante la prima non si discosti molto da quella tedesca (pur più variegata) e della seconda non siamo grandi bevitori. Anche nei ristoranti i prezzi sono perlopiù su due valute e i menù in due lingue (a volte tre, e la terza è il tedesco). Quasi tutti sanno l’inglese, alcuni il tedesco, anche meglio dell’inglese. Diversi anche l’italiano o lo spagnolo (che per gli stranieri è tendenzialmente uguale).
La visita alla Galleria Nazionale di Praga (Národní galerie v Praze), e in particolare l’esposizione Artists and Prophets, mi ha fatto scoprire collegamenti insospettati fra Karl Wilhelm Diefenbach e altri artisti crucchi pazzi, chi più artista (Hundertwasser), chi più pazzo (Gustav Nagel), chi una via di mezzo (Schiele).
Sempre la Galleria Nazionale mi ha fatto scoprire anche l’Alfons Mucha di tutte le agendine di Praga (secondo solo a Kafka). In realtà ho scoperto un Alfons Mucha che non ha molto a che fare coi disegni pop delle agendine, visto che alla Galleria di Praga è esposta la titanica opera summa di Mucha: lo Slav Epic. Lo Slav Epic è una composizione di venti enormi tele (per lo più 6x8m) che ripercorrono la storia di tutto il popolo slavo (e quindi non solo ceco o balcano o russo), partendo e finendo in rappresentazioni simboliche, ma passando per lo più per eventi storici, più o meno reinterpretati. La maestosità dell’opera lascia senza parole all’ingresso e ogni tela meriterebbe giorni interi di ispezione, studio e ammirazione, ma anche solo la veloce visita che mi è stata concessa (previo non troppo esoso compenso) è qualcosa di cui non dimenticherò tanto presto (spero).
Praga si è rivelata una città fin troppo turistica, vista anche la mezza stagione. Il freddo non ci ha sorpreso, la gente sì. Il Ponte Carlo a tratti impraticabile, il quartiere ebraico anche. La folla coi cellulari/fotocamere/tablet alzati davanti all’orologio in Staroměstské náměstí (Piazza della Città Vecchia) era qualcosa di surreale. Per fortuna il Castello è relativamente grande e minaccioso, o forse era solo lunedì pomeriggio. (in realtà nei punti panoramici era quasi peggio che all’orologio, imbarazzante*)
*questa folla delirante e in parte inaspettata, ma soprattutto l’ossessione per l’immagine, mi ha fatto pensare. Nell’era in cui praticamente ogni immagine è disponibile in qualunque momento, specie quelle più stereotipate dei principali monumenti delle città più turistiche (vedi studi/lavori sulle immagini di google ma non solo), l’unica immagine che conta è la propria. Non importa che sia ripetuta e stereotipata anche quella, come davanti a un green screen su cui scorrono le suddette attrazioni turistiche. Più dell’esperienza conta l’immagine. Di se stessi. Condivisa.
Ultime cose.
Ho suonato un piano un po’ scordato nell’aeroporto di Praga, a breve un estratto.
Ho comprato delle diapositive targate CCCP dopo un’improbabile contrattazione in anglo-tede-ceco a un mercatino dell’usato.
Ho provato a leggere Kafka in lingua, nell’unico posto possibile, ma non è stato possibile. Devo ancora migliorare.
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