Credo sia la prima volta che mi capita di leggere “in diretta” un libro candidato allo Strega (e forse anche a qualunque altro premio, ma non ci giurerei). Non per snobismo o altro, è capitato così.
E anche stavolta, avevo XXI secolo in wishlist da tempo, poi sul comodino da ancora più tempo, e infine l’ho letto.
Non conoscevo l’autore (Paolo Zardi), e della piccola ma meritevole casa editrice (NEO) ho letto solo un altro libro (Mette pioggia, per la cronaca, piaciuto). E quindi, sono arrivato alla lettura abbastanza vergine, nonostante un paio di paragoni importanti e deleteri che mi era capitato di leggere in qua e in là.
Il fatto è che XXI secolo mi ha stupito in positivo e, salvo qualche frase fatta sull’amore (no!) e qualche bigottismo di troppo (non ha la fede -> donna tristemente sola / la pornografia come fondo del barile / “le porcherie che si fanno a letto”) che sinceramente se le avessi lette in qualche recensione me ne sarei tenuto alla larga, mi è piaciuto molto.
La distopia che si fonde con la realtà quotidiana è perfetta, i pochi accenni alle lievi differenze dalla realtà attuale lasciano sempre qualche dubbio, tanto che non avrei neanche scritto “distopia” sul retro della copertina, lasciando al lettore il compito di trovare (o almeno cercare) le coordinate della vicenda, mentre il protagonista ricerca le proprie. Il contorno delle notizie più o meno vere, più o meno surreali, le visite all’ospedale, l’ambientazione claustrofobica e priva di appigli, è tutto perfetto.
Il mondo in cui si muove il protagonista è tanto ambiguo e privo di certezze quanto affascinante. La ricerca del protagonista senza nome (altro dettaglio che crea ambiguità e che quindi apprezzo) è un’altra sineddoche della condizione del mondo narrato/vissuto/letto/esperito dal protagonista/scrittore/lettore. Accomunare questi tre personaggi è un’impresa che mi fa sempre innamorare e proprio per questo ho sentito più forte il distacco quando mi è capitato di incappare nelle suddette frasi incriminate, un po’ fuori contesto (secondo me), a prescindere dai gusti personali.
Avrei voluto di più, più pagine, più ambiguità, più cattiveria. Avrei voluto arrivare in fondo al baratro, e invece ci si affaccia soltanto sul burrone. Anche questo è affascinante, ma avrei voluto che Paolo Zardi osasse ancora. Ad esempio ho letto sul suo blog che era una sua idea scrivere il paese natale della moglie in maniera diversa ogni volta che veniva pronunciato, ma l’editor gli ha chiesto di abbandonarla. Peccato. Avrei voluto molti altri spunti simili, molto meno controllo e un po’ più di coraggio.
Insomma, ho elencato tutte le cose che (non) avrei voluto leggere, facendo una pessima pubblicità (ma tanto, non mi paga nessuno) a quello che invece ho trovato un ottimo libro, e soprattutto diverso dalla mia idea (magari sbagliata) della letteratura contemporanea italiana (che ha tendenzialmente poca attrattiva per me).
tl;dr = bello
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