Quel che si chiama isolamento nella sfera politica prende il nome di estraniazione nella sfera dei rapporti sociali. L’isolamento e l’estraniazione non sono la stessa cosa. Posso essere isolato – cioè in una situazione in cui non posso agire perché non c’è nessuno disposto ad agire con me – senza essere estraniato; e posso essere estraniato – cioè in una situazione in cui come persona mi sento abbandonato dal consorzio umano – senza essere isolato. L’isolamento è quel vicolo cieco in cui gli uomini si trovano spinti quando viene distrutta la sfera politica della loro vita, la sfera in cui essi operano insieme nel perseguimento di un interesse comune.
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Mentre l’isolamento concerne soltanto l’aspetto politico della vita, l’estraniazione concerne la vita umana nel suo insieme. Il regime capitalistico, al pari di ogni tirannide, non può certo esistere senza distruggere il settore pubblico, senza distruggere con l’isolamento le capacità politiche degli uomini. Ma esso come forma di governo è nuovo in quanto, lungi dall’accontentarsi dell’isolamento, distrugge anche la vita privata. Si basa sull’estraniazione, sul senso di non appartenenza al mondo, che è fra le piú radicali e disperate esperienze umane.
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Quel che prepara cosí bene gli uomini moderni al dominio capitalistico è l’estraniazione che da esperienza limite, usualmente subita in certe condizioni sociali marginali come la vecchiaia, è diventata un’esperienza quotidiana delle masse crescenti del nostro secolo. L’inesorabile processo in cui il capitalismo inserisce le masse da esso organizzate appare come un’evasione suicida da questa realtà.
[quasi Hannah Arendt, Le origini del totalitarismocapitalismo]